Ha forse sorpreso come un’ennesima bizzarria del Presidente della Confederazione Russa la recente minaccia ai Paesi Scandinavi di divenire i primi potenziali nemici candidati ad un attacco nucleare. Cosa mai c’entrino gli Stati della Scandinavia è una storia lunga.
L’11 giugno 980, Vladimir/Volodimir, nella storia scandinava noto come Valdemar o Valdemarr, veniva incoronato knyaz, Grande Principe, Duca di tutti i Russi di Kiev. Era figlio illegittimo di Sviatoslav I, Re di Kiev, e della di lui fantesca Malusha. Le cronache nordiche la descrivono come una profetessa o sciamana che esercitava in una caverna ed era stata portata a Palazzo per predire il futuro. Egli stesso convinto pagano, Vladimir avrebbe fatto erigere nella sua capitale templi dedicati agli dei di tutti i popoli da lui sottomessi, dai Balti ai Finni e tutta una serie di altre divinità slave. Poi, nel 988, la svolta. Dopo anni di vassallaggio al potente Impero Bizantino, e da che aveva otto mogli e parecchie concubine, Vladimir si converte al cristianesimo. La decisione pare sia stata dettata da motivi di politica matrimoniale, ovvero per ottenere la mano di Anna, sorella dell’Imperatore bizantino Basilio II.
Fonti arabe, musulmane e cristiane, sostengono invece lo avesse fatto per consolidare il legame politico con Basilio. Questi si era giocoforza dovuto rivolgere al potente vicino pagano il quale gli aveva prestato una forza di numerosissime truppe scelte per sedare una rivolta: atto peraltro dovuto in forza dei trattati di vassallaggio. Fattosi battezzare e sposata Anna, fatti distruggere i templi, Vladimir fece ereggere a Kiev la Grande Cattedrale di San Basilio: omaggio al cognato? L’alleanza era fatta, le due grandi potenze consolidate. Alla morte, Vladimir sarebbe divenuto Santo col titolo di Vladimir il Grande. A Costantinopoli, invece, le truppe inviate da Kiev sarebbero passate alla storia come i pretoriani dell’Imperatore bizantino: la mitica Guardia Variaga costantinopolitana che resistette all’assedio dei crociati europei nel 1204.
Ma chi erano i Russi o Variaghi di Kiev? Nella Cronaca degli Anni Passati del monaco Nestore di Kiev (1056-1114), i termini Rus’ o Varjagi designano le popolazioni che fra il IX e l’XI secolo giunsero nell’attuale Ucraina, Bielorussia e dintorni dai Paesi scandinavi. Altrove conosciute come Vichinghi o generalmente Normanni (Uomini del Nord), furono collettivamente chiamate Rus’ (i compagni, i federati) in lingua finlandese che così già designavano gli immigrati svedesi che nel IX secolo avevano colonizzato la zona del Lago Ladoga. I Normanni che più tardi si stanziarono nella regione del Dnepr per poi fondare il regno di Kiev assunsero la stessa denominazione data la prossimità etnica e culturale con gli svedesi. Fra i Rus’, noti per le loro abitudini manesche, si distingueva però una classe di commercianti. Per forza di cose – ovvero esigenze di business – inclini in primis alla trattativa o alla diplomazia intrattenevano con le popolazioni indigene slave rapporti a mutuo vantaggio. I varjagi, «commercianti, mercanti» in slavo, trattavano soprattutto la compravendita di legname. Le navi vichinghe/normanne erano infatti atte alla navigazione in mare. Occorrevano invece, nelle immense pianure fluviali dell’Europa Orientale, barche leggere, facilmente disincagliabili dai bassifondi sulle rotte paludose verso l’interno, dove più ghiotti erano empori e mercati. Dunque, ad un certo punto, col termine rus’ si finì per designare quelle etnie – ed erano tante – di origine orientale (poi note col nome collettivo di slavi) che si trovavano entro i confini dei dominii fondati dai Vichinghi/Normanni. La Storia, poi, si diverte a fare brutti scherzi. Posto che gli immigrati scandinavi furono comunque destinati ad essere minoranza demografica, col tempo l’etnia politicamente dominante finì per essere assimilata linguisticamente e culturalmente ai sottoposti. La classe egemone si ibridò con le popolazioni autoctone per poi pertanto scomparire come entità distinta.
Il disfacimento dell’Unione Sovietica ha comportato il risorgere di forme estreme di nazionalismo specie nelle regioni dove più l’universalismo modernista non ha mai visto sorgere il Sol dell’Avvenire. Altrove, in Europa, l’universalismo dei Lumi arranca contro sovranismi e anacronistiche chiusure. In particolare, in Russia, una per ora piccola minoranza è intenta a ricostruire l’Autentica, Unica e Sovrana lingua rus’ da porre al centro di non si capisce bene quale progetto di rinascita… Forse assieme ai mammuth del permafrost siberiano?