L’eterno braccio di ferro tra giudici e politici

by Claudia

I politici sono vittime dei giudici ideologizzati? Considerando che molti sostenitori di questa dottrina non sono stinchi di santo, verrebbe da rispondere no. Sentire certi disinvolti capi-popolo che hanno palesemente gabbato la legge, definirsi vittime sacrificali della magistratura politicizzata, manco fossero fiori di campo, porterebbe a schierarsi dalla parte dei giudici. Ma c’è caso e caso.

Partiamo da Marine Le Pen. Condannata a quattro anni di carcere, di cui due sospesi, e cinque anni di ineleggibilità per appropriazione indebita di fondi pubblici europei tra il 2004 e il 2016, la tempestosa leader del Rassemblement National più che dei magistrati filo europeisti è vittima di se stessa. Dopo aver predicato negli anni passati un inasprimento delle pene proprio contro i politici che si sono macchiati dei medesimi reati per i quali oggi è stata giudicata (ne chiedeva l’ineleggibilità a vita), ora è stata presa con le mani nella marmellata. E adesso come può attribuire la ragione ultima della propria condanna ai giudici «nemici»? Vero che personalmente non ha intascato un centesimo. Ma, in democrazia, stornare 2,9 milioni di euro per undici anni, creando un sistema di impieghi fittizi che consisteva nel far lavorare per il proprio partito assistenti parlamentari dei deputati europei con i soldi del contribuente europeo – fino a prova contraria, e vedremo se salterà fuori nel processo d’appello – era e resta un reato cristallino. Anche quando a commetterlo è la figura politica più influente di Francia.

Diverso il caso di Călin Georgescu, candidato populista alle presidenziali romene, giunto in testa ai sondaggi con il 40% al primo turno in novembre, che si è visto respingere il ricorso contro la decisione dell’Ufficio elettorale nazionale di escluderlo dalle Presidenziali di maggio. L’accusano di aver truccato la campagna elettorale con l’aiuto della Russia. Accuse partite – guarda caso – a ridosso della sua probabile vittoria elettorale. Ma – a parte la negazione dei crimini contro l’umanità – in regime democratico nessuno può essere condannato per le proprie opinioni personali. Georgescu non ci piace, è un inquietante filorusso e preferiremmo di gran lunga un leader amico dell’Europa, ma non può essere perseguitato per le sue idee. Ha ragione il giornalista Marco Travaglio: «Sono preoccupato che i cosiddetti democratici pensino di difendere la democrazia abolendo le elezioni. Non sono democratici quelli che aboliscono le elezioni ogni volta che le perdono. Perché? Perché danno ragione a quelli che dicono che la democrazia è finta, e che quindi ne possiamo fare a meno».

Un altro caso in cui la legge mette in salamoia i politici riguarda il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, arrestato per corruzione e favoreggiamento al terrorismo, con proteste e scontri di piazza. Che strano: İmamoğlu è il principale rivale del presidente Erdoğan per le Presidenziali del 2028. Secondo Amnesty International contro di lui è in atto una strumentalizzazione di vaghe accuse per perseguitare gli oppositori politici al regime. Il controllo del Governo su media, magistratura e dissidenti, soprattutto dopo il fallito colpo di stato del 2016 è infatti maniacale. İmamoğlu, quindi, non è tanto vittima dei giudici, ma del «sistema Erdoğan».

La Francia è una democrazia di lungo corso, la Romania una democrazia adolescente e fragile, la Turchia una democrazia nella forma ma un’autocrazia nella sostanza. In un regime democratico la magistratura può anche sbagliare, ma è l’unico contrappeso istituzionale in grado di controllare le devianze della politica. In un regime antidemocratico la magistratura è invece una clava nelle mani dei «servitori del popolo» per polverizzare i propri avversari.