Andi Schmid ha un progetto: creare una pesca svizzera inconfondibile e coltivata in modo sostenibile:ci sta lavorando nei Grigioni, a 760 metri sul livello del mare
Andi Schmid apre i moschettoni, scosta la recinzione che serve a tenere lontani i cervi dall’appezzamento ed entra nel suo terreno. A 760 metri sul livello del mare ci sono 300 giovani peschi. Sullo sfondo si vede il Piz Beverin.
Il frutteto è il lavoro di una vita intera da frutticoltore. Andi Schmid, 57 anni, da sette porta avanti con passione il suo progetto, che consiste nel coltivare pesche, appunto. «Si tratta di frutti che in Svizzera possono prosperare. Anche le albicocche sono riuscite ad affermarsi in Vallese», afferma Schmid.
Vent’anni fa si è trasferito dall’Unterland a Scharans, Domleschg, nei Grigioni, con la moglie Sandra e i due figli ormai grandi. Oggi insieme alla moglie produce mirtilli e rose rispettando gli standard biologici.
Le ragioni per cui ad oggi in Svizzera non siano state coltivate le pesche sono da cercarsi nella mancanza di protezione alle frontiere. Mele, ciliegie e prugne estere sono soggette a elevati dazi doganali quando sono di stagione in Svizzera. Questo però non vale per le pesche. Dal momento che non vuole competere con le pesche importate soprattutto dalla Spagna, Schmid è alla ricerca di una pesca speciale da destinarsi al mercato delle specialità regionali. Dev’essere riconoscibile, dal sapore gradevole e resistente ai parassiti. «Le varietà standard richiedono numerosi trattamenti fitosanitari», spiega Schmid, che è stato amministratore delegato di Bio Grischun per 13 anni.
I cambiamenti climatici sono positivi per questi frutti che amano il sole, spiega ancora Schmid. Gli inverni più miti permettono agli alberi da frutto di fiorire prima, cosa che può portare a maggiori danni da gelo in primavera. Schmid privilegia quindi le varietà a fioritura tardiva.
Nel mondo esistono oltre 3000 varietà di pesche, e Schmid ne ha importate 200. Ad esempio dalla Cina, dove il frutto è coltivato da 4000 anni, ma anche dall’India, dall’Iran, dal Tagikistan, dalla Scandinavia e dagli Stati baltici. Ogni seme necessita di una licenza di importazione, cui segue un periodo di quarantena. Solo dopo che Agroscope, centro di competenza federale per l’agricoltura, ha testato ogni singola varietà per verificare la presenza di eventuali parassiti e l’ha approvata, Schmid può lavorare con essa.
Dai semi Schmid fa crescere le piantine, aspettando che si ingrandiscano e fioriscano per la prima volta. A quel punto si può iniziare a incrociare le varietà. «L’allevamento è un lavoro certosino», dice Schmid. Quando il fiore è ancora chiuso e assomiglia a un palloncino, Schmid taglia i petali esponendo il pistillo, che è l’organo femminile. Rimuove quindi a mano le antere con il polline affinché il fiore non si autofecondi. Infine, sul pistillo viene tamponato con cura il polline di un’altra varietà, la pianta madre. Se tutto va per il verso giusto, in estate nasce un frutto nel cui nocciolo si trova il seme contenente la nuova varietà. A questo proposito non vi sono però garanzie: non è chiaro se questa crescerà mai. Schmid conserva il nocciolo a forma di mandorla per due mesi a due gradi, simulando una sorta di ibernazione artificiale per permettere al seme di germogliare. Una volta germogliato, Schmid lo deposita nel terreno della serra, dove potrà crescere la piantina. «Questo lavoro richiede una grande resistenza alla frustrazione», afferma Schmid.
I contrattempi non mancano mai: dai semi che marciscono alle giovani piante che muoiono. Alcuni alberi sopravvivono tre o quattro anni, poi si ammalano e deperiscono. È già successo che il gelo primaverile distruggesse completamente i fiori, vanificando il lavoro di un anno intero.
Si tratta dunque di valutare i rischi e di fare tutto quanto umanamente possibile per ridurli al minimo. Quando vi è una minaccia di gelo, a tarda sera Schmid si reca nella piantagione e accende candele antigelo per dare un po’ di calore agli alberi, oppure stende una rete protettiva di feltro sugli alberi. Il tasso di successo rimane comunque basso: per ogni mille fiori impollinati, maturano al massimo cinquanta frutti.
Per le sue attività di selezione Schmid collabora con il recentemente costituito Centro Svizzero di Selezione delle Piante. Si tratta di un centro di competenza svizzero indipendente per la selezione delle piante di cui Migros è membro sostenitore insieme a Bio Suisse, IP-Suisse, Fenaco e all’Associazione svizzera dei contadini. Là Schmid può sottoporre le sue varietà a test genetici molecolari. Ai ricercatori basta una foglia della varietà che Schmid vuole far analizzare: dopo due o tre settimane, Schmid riceve un’analisi del DNA che indica se la pianta è sensibile a determinate malattie o alla siccità. Ciò accelera il lavoro in modo notevole, poiché permette a Schmid di decidere immediatamente se continuare a testare la pianta nell’ambito del suo progetto, denominato Momabs.
A titolo di paragone, la selezione di una nuova varietà di mele richiede solitamente 25 anni. Schmid è più ambizioso per le sue pesche e prevede di poter lanciare la sua prima varietà sul mercato dopo circa dieci anni. Potrebbe avvenire tra tre anni. La pesca del frutticoltore svizzero non dovrà essere per forza «la più bella di tutte, ma i suoi valori interni dovranno essere convincenti».