Prospettive fosche non solo per l’Ucraina

by Claudia

Entro i primi mesi del 2025 sapremo se sarà possibile fermare la guerra oppure se finirà totalmente fuori controllo

La guerra in Ucraina è al bivio. Entro i primi mesi del 2025 sapremo se sarà possibile fermarla oppure se finirà completamente fuori controllo. La situazione si può riassumere in questi termini, nelle sue varie dimensioni. Anzitutto, il campo di battaglia. I russi continuano ad avanzare nel Donbass e la resistenza ucraina si fa sempre più debole. Per mancanza di munizioni, armi e soprattutto uomini. Dopo che Zelensky ha annunciato che non potrà mai recuperare militarmente i territori perduti fra Donbass e Crimea, il morale delle truppe, già basso, è a terra. Nelle città e nei villaggi ucraini si rastrellano giovani e meno giovani da mandare al fronte, in un clima di tensione e paura.

Questa crisi sociale e militare si accompagna alle distruzioni nell’industria e nelle infrastrutture energetiche, che rendono la vita sempre meno sopportabile. Gli otto milioni circa di ucraini che hanno lasciato il Paese non sembrano disposti a rientrare, ciò che rende impossibile pensare a ricostruire un territorio già compromesso dai tre anni di guerra. Infatti coloro che dovessero rientrare dovrebbero accettare condizioni di vita molto più disagevoli di quelle di cui fruiscono all’estero. Inoltre sentirebbero il rancore dei locali, che mentre loro si erano autoesiliati continuavano a combattere e a resistere.

Tutto ciò si riflette sugli equilibri politici interni. Secondo i più recenti sondaggi, se il generale Zaluzhny rientrasse a Kiev da Londra, dove Zelensky lo ha spedito a fare l’ambasciatore perché gli dava ombra e aveva idee molto diverse sulla condotta della guerra, vincerebbe di buon margine la sfida con l’attuale presidente, la cui popolarità è in netto declino. Oltretutto il suo mandato è scaduto. Prima o poi, certamente nel momento in cui si raggiungesse il cessate-il-fuoco, si dovrà votare. E Putin ha già maliziosamente fatto sapere che con Zelensky tratterà solo se il leader ucraino avrà ottenuto il rinnovo nella carica in seguito al voto popolare. Più in generale, negli apparati ucraini tutti si stanno riposizionando in vista della svolta in un senso o nell’altro che si sente nell’aria.

Visto dalla prospettiva russa, il fronte offre uno spettacolo relativamente ottimistico. A Mosca qualcuno spera che gli ucraini possano cedere o ammutinarsi, aprendo alle proprie truppe gli spazi vasti delle pianure ucraine, se non addirittura di Kiev. Molti strateghi russi sono però incerti sul vantaggio di penetrare in profondità in terra ucraina, perché dovrebbero poi amministrare popolazioni infide, certamente inasprite contro i russi dai bombardamenti e dalle vessazioni belliche.

Ma la vera partita si svolge sul terreno politico-diplomatico. Senza ancora avere assunto l’incarico di presidente, Donald Trump ha già avviato un intenso giro di negoziati segreti per favorire il cessate-il-fuoco. L’ammissione di Zelensky di non poter recuperare Crimea e Donbass è infatti la presa d’atto che non potrà contare sull’appoggio americano in armi, munizioni e intelligence, come finora. In teoria, lo spazio sarebbe aperto per una soluzione «coreana». Si sigilla la linea del fronte, con qualche adattamento, e se ne affida la sorveglianza a una forza di pace internazionale formata da Paesi europei della Nato, dalla Turchia e altri volontari. Ma Putin ha già fatto sapere che questa soluzione è inaccettabile perché porterebbe la Nato in Ucraina, peggio che l’Ucraina nella Nato. L’alternativa? Una missione di pace di Paesi neutrali che certamente non offrirebbe agli ucraini le garanzie cui anelano.

La questione più ardua riguarda però lo status geopolitico della Repubblica di Ucraina dopo la cessazione delle ostilità. Kiev aspira alla Nato, ma è ormai evidente che le resistenze americane ed europee ad ammetterla nell’Alleanza atlantica sono per ora insuperabili. E gli ucraini hanno bisogno di una garanzia subito, non di una promessa con scadenza decennale. Resta aperta quindi la ricerca di una formula che escluda l’atlantizzazione dell’Ucraina ma le offra comunque un’assicurazione della vita. Davvero quasi la quadratura del cerchio. A questo punto non si può quindi escludere che i negoziati falliscano. Ne scaturirebbe certamente un’accelerazione del conflitto, con le truppe russe che potrebbero occupare gran parte dell’Ucraina.

C’è però chi in Polonia, nei Paesi baltici, in Svezia e soprattutto nel Regno Unito prepara uno scenario diverso. E molto rischioso. Creare un incidente che costringa la Nato a intervenire e fare davvero la guerra alla Federazione russa. Anche a rischio di innescare uno scontro nucleare. L’obiettivo strategico dei nordici non è di sconfiggere i russi, ma di cancellare la Russia dalla carta geografica. Vasto programma. Magari da realizzare a tappe o più probabilmente sperando nella disintegrazione dall’interno del mosaico imperiale costruito da Pietro il grande e successori. Con la coppia Musk-Trump al comando in America questo estremismo nordico non trova però sponde rilevanti oltreoceano. Gli Stati Uniti non hanno alcuna voglia di imbarcarsi in un nuovo conflitto in Europa, con la prospettiva che possa involvere in Terza guerra mondiale. Oltretutto sarebbe molto difficile da «vendere» alla propria opinione pubblica, che non pare troppo interessata al futuro dell’Ucraina.

Il morale delle truppe ucraine è a terra. Si rastrellano giovani e meno giovani da mandare al fronte in un clima di tensione e paura. (Keystone)

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