Dalla giovinezza nella ex-DDR all’inquietudine nei confronti di Putin, ecco la nuova biografia di Angela Merkel
Lui ha governato, si potrebbe dire «regnato», sui tedeschi dal 1982 sino al 1998, per 16 anni di seguito: per 5870 giorni Helmut Kohl è stato il potentissimo cancelliere della Repubblica federale tedesca. Lei però, Angela Merkel, ne è stata la prima Kanzlerin. Anzi, una vera e propria Mutter der Nation, come veniva spesso soprannominata. Al potere sul cielo sopra Berlino ci è rimasta solo una manciata di giorni in meno di Kohl (per l’esattezza 5860). Ma la sua è stata un’era politica, dal 2005 al 2021, che lei oggi rilegge dall’alto dei suoi 70 anni: nell’autobiografia pubblicata di recente infatti – 736 pagine scritte insieme alla sua segretaria Beate Baumann – Merkel parte dagli anni di scuola e di università nella ex-DDR per arrivare a capire ciò che l’ha spinta, dopo il crollo del Muro, a muovere i primi passi in politica.
La prima Kanzlerin della storia tedesca, ricordiamolo, è figlia di un teologo protestante ed è cresciuta all’ombra del Muro che, dall’agosto 1961, spaccava in due Berlino, la Germania e l’intera Europa. La sua carriera politica, per lei che fu «la ragazza» prescelta da Kohl, arriva dopo una specializzazione in fisica dei quanti, quando lei aveva già 34 anni e un matrimonio alle spalle, nella ex-DDR appunto, come lei ora rivendica con un certo orgoglio. Non per niente il sottotitolo dell’autobiografia è: Erinnerungen, 1954-2021. Quel passato all’est e gli studi di fisica hanno dato al suo carattere, ai suoi discorsi e alla sua politica lo stile così asciutto e pragmatico che caratterizza i suoi anni alla guida della prima Nazione industriale d’Europa. Sì, i grandi filosofi tedeschi, sia Jürgen Habermas che Peter Sloterdijk, l’hanno biasimata per il suo crudo pragmatismo, e per l’assenza dei grandi ideali. Habermas sentenziò che la politica merkeliana altro non era che «un tranquillante arrabattarsi». Sloterdijk criticò la soporifera «letargocrazia» in cui Merkel aveva immerso la Repubblica federale.
Ve la ricordate ad esempio la crisi finanziaria che nell’autunno 2008 sconvolse i mercati finanziari? Ebbene, il 5 ottobre di quell’annus horribilis Merkel davanti alle telecamere garantì ai tedeschi che «i vostri risparmi sono al sicuro». Peccato che due anni dopo la crisi avvinghiò l’euro, e nel pieno dell’Euro-Krise la Kanzlerin non brillò certo per progetti e manovre per salvare l’euro e l’unità d’Europa. Il suo biografo Ralph Bollmann annotò che «una europea di cuore Merkel non lo fu mai». E in questo, a differenza del pathos europeista del suo mentore Kohl, si risente eccome il suo passato nella DDR. Un tratto che riemerse nel suo fatale rapporto con Putin, l’ex agente del KGB che, con le sue armate e bombe, tenta di ricostruire un impero russo. Nonostante gli attacchi russi in Georgia, in Siria e nonostante la brutale annessione della Crimea o i cyber-attacchi persino al Bundestag di Berlino, la cancelliera rimase testardamente ancorata alla sua politica di «appeasement» nei confronti del tiranno moscovita. Fu lei a ripetere il suo «no» alle nuove armi americane da stazionare in Ucraina. Così come il suo ostinato «sì» alla pipeline Nordstream 2, che dalla Siberia portava il gas della Gazprom ai tedeschi direttamente sulle coste del Baltico.
Ancora oggi, nelle pagine più nevralgiche dell’autobiografia, la Kanzlerin che veniva dall’est rivendica queste sue posizioni nei confronti di Putin. Pagine in cui, oltre alle paure avute col labrador di Putin, confessa tutte le difficoltà avute con i gesti bruschi e le frasi irrazionali di Donald Trump. «Per lui – spiega Merkel – tutti i Paesi stanno in competizione fra loro. Lui non crede che il benessere possa crescere con la cooperazione». Suggestioni che, nel trattare con il futuro presidente Usa, torneranno utili al prossimo cancelliere tedesco che, a dar retta ai sondaggi, dovrebbe chiamarsi Friedrich Merz, l’attuale presidente della CDU. Ai lettori però l’impermeabilità della loro ex-Kanzlerin ad ogni autocritica non è piaciuta molto. In un studio del settimanale «Der Spiegel», il 65 per cento di loro ha rinfacciato a Merkel l’assenza di ogni ripensamento nella sua autobiografia (mentre il 35 per cento approva la sua interpretazione dei 16 anni al potere). In gioco ovviamente non c’è solo come l’ex-Kanzlerin percepisce il suo carattere, i suoi incontri o il suo stile in politica.
Dallo scorso novembre il Governo del socialdemocratico Olaf Scholz, il nono cancelliere tedesco, è entrato in crisi; e con lui è esplosa anche la strana «coalizione-semaforo» di SPD, Verdi e liberali della FDP al governo di Berlino. Ogni frase e giudizio di Merkel dunque può risultare davvero utile a orientare i tedeschi alle prossime elezioni politiche, già indette per il 23 febbraio. Certo, negli ultimi tre anni pareva proprio che Merkel e il suo consorte Joachim Sauer si fossero ritirati in un idilliaco ménage familiare («io cucino e lui pensa alle pulizie e ai panni», ha rivelato lei). In una recente intervista a «Der Spiegel» però ha confessato di non aver affatto gradito il modo in cui Olaf Scholz, in un aspro intervento in Tv, ha rotto con il partner della FDP. L’ufficio del cancelliere, ha ricordato lei al socialdemocratico, «ha una dignità che deve essere sempre mantenuta». Persino se il tuo partner al Governo non rispetta, come ha ampiamente fatto Christian Lindner della FDP, gli accordi presi nell’intricata materia di bilancio. E oggi Merkel cosa pensa di Friedrich Merz, il suo antico rivale nella CDU nonché l’ex capo-frazione parlamentare che, nel 2002, lei costrinse alle dimissioni (che però il 17 luglio scorso, per il 70° compleanno della Kanzlerin, ha tenuto un bel discorso in suo onore)? Che ha «tutta la volontà di potere» per diventare il decimo cancelliere. Meglio di così Merkel non poteva fare per riappacificarsi con il suo ex rivale e con il suo partito.