Introspezione e dialogo nei lavori di Borgnini

by Claudia

All’artista ticinese è dedicata un’esposizione allo Spazio Officina di Chiasso

È un oggetto molto peculiare quello che Mariapia Borgnini utilizza con una certa predilezione da più di una decina d’anni: la coperta isotermica. Il telo, per intenderci, che si usa in casi di emergenza per stabilizzare la temperatura corporea, specialmente quando la persona è rimasta esposta a lungo a basse temperature.

Sottilissimo ma estremamente resistente, questo materiale ha attratto l’attenzione dell’artista ticinese per le sue particolari caratteristiche: prima di tutto la leggerezza, poi la capacità di riflettere la luce creando bagliori d’oro e d’argento nonché l’ovattato ma piacevole suono che produce quando lo si manipola o viene mosso dal vento. Il suo lato dorato, infine, è un richiamo al colore che da secoli è molto caro alla storia dell’arte, connesso com’è all’idea del divino e della sacralità.

Non sono però solo le qualità fisiche della coperta isotermica ad aver condotto la Borgnini a scegliere questo oggetto come protagonista delle sue opere. Esso racchiude difatti molti significati che lo legano ai concetti di protezione, riparo e calore ma anche, proprio per l’utilizzo per cui è stato concepito, a situazioni di pericolo, paura e disperazione. Come se lo splendore dei suoi colori inglobasse nella propria mutevolezza sia il confortante sostegno di cui gli uomini hanno bisogno, sia l’ineluttabile sofferenza che li sovrasta.

«Il mio lavoro si sviluppa dalle esperienze che ho vissuto, che persistono e che sono in me. Le forme che esse assumono trascendono la realtà. La sensualità tattile, uditiva, visiva della coperta di salvataggio si presta all’eco dei riflessi che continuano a risuonare in me», afferma la Borgnini. Da questa riflessione nasce la mostra allestita presso lo Spazio Officina di Chiasso, una rassegna site-specific in cui l’artista presenta il suo progetto espositivo composto da una serie di opere realizzate fra il 2012 e il 2023 incentrate sull’uso della coperta isotermica quale mezzo espressivo.

Attraverso queste installazioni, testimonianza della sua attitudine a lavorare per cicli tematici che la impegnano anche per molti anni, la Borgnini esplora contenuti personali e universali che coinvolgono la natura, la memoria, la spiritualità, la cultura e i rapporti umani, in un continuo sovrapporsi tra narrazione intima e collettiva.

D’altra parte non poteva che essere così per una donna che, oltre ad avere tracciato un percorso artistico eclettico durante il quale non ha mai mancato di sperimentare con assiduità numerose tecniche (dalla pittura alla scultura, dall’istallazione alla fotografia, al disegno), ha portato avanti anche l’attività di psicopedagogista, una professione che ha influenzato il suo modo di concepire l’arte come strumento di ricerca interiore e di profonda apertura verso l’altro.

La Borgnini elabora le tracce della sua vicenda personale amalgamandole a quelle del mondo che la circonda, cogliendo gli stimoli per generare opere in cui si intrecciano forza e fragilità, comprensione e denuncia.

Ben si presta, dunque, la coperta di primo soccorso a incarnare le tante flessioni del suo linguaggio espressivo. La luccicante e impalpabile superficie del telo isotermico viene manipolata dall’artista in molti modi differenti: viene fatta a brandelli, ritagliata, piegata o, ancora, resa supporto su cui stampare immagini, indagata così nelle sue molteplici potenzialità inedite.

Tutti procedimenti, questi, portati avanti con la grande abilità esecutiva che caratterizza da sempre il lavoro della Borgnini, attenta a coniugare l’inventiva con cui riesce a trasfigurare poeticamente il materiale utilizzato a una sorta di regale pazienza con cui procede nello sviluppo del suo iter creativo: «Insegno alle mie mani ad aspettare che il racconto si apra per vie traverse», dice.

Tra le quattordici installazioni presenti in mostra spicca Amore dopo amore, datata 2016, opera in cui la Borgnini intaglia nel lato dorato delle coperte isotermiche le parole che compongono il testo di una poesia dello scrittore Derek Walcott, evocando l’idea di un raffinato arazzo. Questo lavoro è anche emblematico di quanto per l’artista ticinese sia importante il rapporto tra pensiero, immagine e scrittura, un fecondo connubio che permette di «mettere a fuoco e intensificare la realtà», conoscendola nella sua pienezza.

Di grande impatto è poi l’installazione Uccelli, del 2019, realizzata tramite stampa a getto d’inchiostro su entrambi i lati della coperta di primo soccorso: qui i volatili che si librano leggeri nel cielo disegnando traiettorie sempre nuove sono un vero e proprio inno alla libertà.

Con le sue opere la Borgnini percorre il labile confine tra ciò che è luce e ciò che è ombra, tra ciò che è reale e ciò che è etereo, raccontando attraverso un oggetto intriso di molti significati «le pieghe della nostra esistenza tra atrocità e bellezza».

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