Gli insetti di pietra del San Giorgio

by Claudia

Recenti scavi hanno portato alla scoperta di un giacimento di insetti fossili unico al mondo

I recenti scavi eseguiti dal Museo cantonale di storia naturale sul Monte San Giorgio hanno portato alla luce un’eccezionale fauna fossile a insetti. La località, denominata VM 12 si trova in Val Mara, toponimo che si riferisce alla gola del Torrente Gaggiolo presso il nucleo di Meride. Come ci ricorda Giulio Cattaneo, già curatore del Museo di arte sacra di Meride, il nome individua una valle «amara», inospitale e profondamente incisa dalle acque del torrente. Qui affiora la parte sommitale, quindi più giovane del Calcare di Meride, che il geologo Alfred Senn, esattamente 100 anni fa, nel 1924 battezzò col nome di Kalkschieferzone, «zona degli scisti calcarei». La roccia si suddivide, infatti, in strati particolarmente sottili, formando un libro spesso 120 metri nei cui «fogli» è scritta la storia della Terra e, grazie ai fossili, della vita. Una storia che, in base alla datazione radiometrica di ceneri vulcaniche incluse nei calcari, risale a 239,5 milioni di anni fa. Si tratta di uno stadio cronologico che i geologi chiamano Ladinico, parte superiore del Triassico Medio.

I primi fossili della Kalkschieferzone furono scoperti nel 1936 ma solo nel 1998, grazie agli scavi condotti in collaborazione con l’Università di Milano, venne alla luce il primo insetto fossile del Monte patrimonio UNESCO. Battezzato Tintorina meridensis è un’effimera, nome che evoca la brevità della vita nello stadio adulto di quest’ordine di insetti. Seguirono poi sporadici ritrovamenti non solo nella Kalkschieferzone ma anche in strati più antichi. Nel 2019 il numero di insetti fossili raggiungeva i 25 esemplari, tra cui specie nuove per la scienza come il tisanuro Gigamachilis triassicus, la cimice Archetingis ladinica, il coleottero Praedodromeus sangiorgensis e il monura Dasyleptus triassicus.

Il nuovo giacimento VM12, individuato nel 2020 e sfruttato fino al 2023, ha permesso di incrementare in modo esponenziale il numero dei ritrovamenti, la cui densità e diversità si sono rivelate uniche al mondo. Su una superficie di soli 9 m² e uno spessore di 150 cm sono infatti emersi 248 esemplari. Frutto di un esame estremamente dettagliato dei «fogli» di roccia scura alla ricerca di reperti di dimensioni prevalentemente comprese tra 1 e 5 mm.

La diversità è impressionante. Gli insetti fossili sono attribuiti a ben 13 ordini differenti. Insetti ametaboli (a crescita diretta senza metamorfosi, come i Monura simili a quelli che troviamo in casa e chiamiamo informalmente «pesciolini d’argento») si affiancano a insetti emimetaboli (a metamorfosi incompleta, come le libellule, con larve e adulti che occupano ambienti diversi, acquatici e terrestri) e a insetti olometaboli (a metamorfosi completa, come ditteri e coleotteri). Insetti predatori coesistono con insetti detritivori e insetti fitofagi (erbivori). I resti di insetti terrestri riposano ora a fianco di insetti di acqua dolce.

In comune hanno tutti una conservazione eccezionale. Si tratta di resti completi, ancora articolati, che preservano dettagli come le faccette degli occhi composti, le sottili venature delle ali o la segmentazione delle antenne. Questa completezza fa pensare a un trasporto breve dal luogo di vita (terraferma o acque dolci) a quello di deposito e «sepoltura», costituito dalla laguna tropicale dove si stavano depositando i fanghi destinati a diventare il Calcare di Meride. La notevole biodiversità parla di un ecosistema costiero differenziato e articolato. E la stessa laguna, periodicamente sommersa dalle piene dei fiumi, stava progressivamente rubando la scena al mare tropicale che per tre milioni di anni aveva dominato la regione. L’eccezionale capacità del Monte San Giorgio di conservare i fossili dei grandi rettili, nota da oltre un secolo, sta assumendo una connotazione nuova e altrettanto stimolante. Gli insetti appartengono, infatti, agli ecosistemi continentali, preservati nel registro fossile solo in condizioni eccezionali.

I 248 esemplari, suddivisi in 13 ordini, appartengono ai Monura, un gruppo estinto di insetti apterigoti, ovvero privi di ali, Odonati (libellule), Blattodei (blatte), Tisanotteri (letteralmente «con le ali a fiocco»), Emitteri (cimici), Psocodei, Imenotteri (dotati di 2 paia di ali e oggi rappresentati da api, vespe e formiche), Neurotteridi, Coleotteri, Tricotteri, Amphiesmenopteri, Mecotteri (con la tipica testa allungata a forma di proboscide) e Ditteri (come le attuali mosche e zanzare, dotate di un solo paio di ali).

74 esemplari appartengono ai Monura, con Dasyleptus triassicus che occupava probabilmente le nicchie costiere. I fossili hanno dimensioni da 1 a 29 mm e permettono pertanto per la prima volta di seguire lo sviluppo durante la crescita di questi animali. Seguono per diffusione i Ditteri (56 esemplari), rappresentati da diverse specie di Nematoceri adulti, con sottili antenne segmentate e la tipica conformazione delle zanzare. In alcuni casi sono presenti delle strutture circolari che aderiscono alla parte terminale dell’addome. Potrebbe trattarsi di spore vegetali e in tal caso si tratterebbe della testimonianza più antica di trasporto di spore da parte di ditteri, aprendo nuove ipotesi sull’impollinazione. In ogni caso il giacimento del Monte San Giorgio si caratterizza come il più importante al mondo per quanto riguarda i Ditteri sia per conservazione sia per diversità. Il sito che deteneva sinora il primato, quello francese del Grès à Voltzia, comprende infatti solo ali isolate o individui immaturi.

I Coleotteri (37 esemplari, di lunghezza compresa tra 1 e 7 mm), caratterizzati dal primo paio di ali trasformato in elitre, comprendono diverse forme terrestri e acquatiche, con le zampe posteriori trasformate in strutture natatorie. Uno dei Neurotteridi rinvenuti (7 esemplari tra 2 e 6 mm dotati di fini ali membranose) ha già ricevuto l’appellativo di genere e specie nuovi, con il nome Merithone laetitiae. La blatta rinvenuta è straordinaria per il fatto di conservare l’ooteca, un involucro contenente una ventina di uova.

Eccezionale è pure il rinvenimento di due esemplari di Imenotteri, uno maschile e uno femminile, lunghi 8 mm, appartenenti a un genere e specie nuovi, battezzati Magnicapitixyela dilettae. Il nome del genere deriva dal latino magnus (grande) e caput (testa), riferendosi alla testa particolarmente grande. Nella femmina è evidente l’ovopositore. Si tratta degli esemplari di vespe più antichi sinora rinvenuti al mondo e degli unici ritrovamenti in Europa.

Sebbene il lavoro ora pubblicato su «Communications biology» rappresenti solo un primo report del materiale emerso dal giacimento, appare evidente che siamo di fronte a una straordinaria collezione, depositata al Museo cantonale di storia naturale, il cui studio fornirà la descrizione di decine di specie nuove per la scienza. Soltanto per i risultati sinora emersi, il Monte San Giorgio si situa da oggi tra i 9 giacimenti a insetti fossili più importanti per il periodo Triassico. I suoi reperti permettono di retrodatare la comparsa di famiglie di insetti e di postdatare l’estinzione di altri. A sua volta questo consente di affermare che l’estinzione di massa avvenuta alla fine del Paleozoico (251,9 milioni di anni fa) fu sì la più catastrofica mai verificatasi ma ebbe un effetto limitato sugli insetti che già 12 milioni di anni dopo, nel Ladinico del Monte San Giorgio, mostravano di essere in parte sopravvissuti e comunque in piena ripresa e diversificazione.

Bibliografia

Montagna M., Magoga G., Stockar R. et al. The contribution of the Middle Triassic fossil assemblage of Monte San Giorgio to insect evolution. Commun Biol 7, 1023 (2024). www.doi.org/10.1038/s42003-024-06678-5

Montagna M., Magoga G. & Magnani F. The Middle Triassic palaeontomofauna of Monte San Giorgio with the description of Merithone laetitiae (†Permithonidae) gen. et sp. nov.. Swiss J Palaeontol 143, 17 (2024). www.doi.org/10.1186/s13358-024-00317-6

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