Istantanee sui trasporti, uno sguardo in prospettiva storica in attesa della votazione federale del prossimo 24 novembre
Il referendum promosso dall’Associazione traffico e ambiente contro il Decreto federale che stanzia un credito di circa 5 miliardi di franchi per l’ampliamento delle strade nazionali (su cui voteremo il prossimo 24 novembre), ripropone il tema del ruolo dei diversi mezzi di trasporto e del loro coordinamento. Il sistema di finanziamento è l’elemento centrale del loro sviluppo. È quindi utile ripercorrere per sommi capi l’evoluzione delle modalità di finanziamento dell’infrastruttura stradale e di quella ferroviaria a partire dal secondo dopoguerra. Il grafico ci mostra i volumi di investimento destinati alle reti stradali (di competenza federale, cantonale, comunale) e a quella ferroviaria (prevalentemente di competenza federale). Due elementi balzano all’occhio. Il primo consiste nell’incremento complessivo dell’impegno della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, passato da circa 230 milioni di franchi nel 1950 a ben 9,1 miliardi nel 2020. A partire dal 1960 esso riflette il ragguardevole sforzo per dotarsi di un sistema di trasporto performante. Il secondo elemento è dato dal passaggio dall’impegno concentrato essenzialmente sul potenziamento dell’infrastruttura stradale fino al 1980 a una più equilibrata ripartizione, in cui anche alla ferrovia è stato riconosciuta una funzione di rilievo. Il percorso del riequilibrio è stato lungo. Il sistema di finanziamento delle strade ha conosciuto una riforma radicale con la pianificazione e la progressiva realizzazione delle strade nazionali. A questo scopo, nel 1960 è stata disegnata la rete delle infrastrutture da realizzare ed è stato instaurato un finanziamento specifico per garantirne la costruzione. Attraverso il prelievo di un dazio di base sui carburanti e di un sopraddazio (oggi ridenominati imposta rispettivamente supplemento d’imposta sugli oli minerali) si sono così rese disponibili risorse vincolate per alimentare il cosiddetto «Finanziamento speciale per il traffico stradale» (FSTS). In questo modo si è creata una base che ha assicurato a lungo termine i mezzi per portare avanti con continuità un rilevante impegno tecnico e un compito strategico per lo sviluppo del Paese.
Il finanziamento delle ferrovie ha inizialmente conosciuto ben altre logiche. A lungo gli investimenti per l’infrastruttura sono infatti stati di stretta competenza delle imprese di trasporto, le quali, alle prese a partire dal secondo dopoguerra con la progressiva concorrenza stradale e confrontate agli obblighi (e ai costi) del servizio pubblico, non sono più state in grado di generare fondi sufficienti per l’ammodernamento dei loro impianti e tantomeno per la loro estensione. Nonostante gli aiuti puntuali resi possibili dalla Legge sulle ferrovie approvata nel 1957 parecchie linee regionali sono state infatti dismesse negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Il bilancio delle FFS è stato a sua volta ripetutamente risanato con interventi puntuali della Confederazione. A partire dagli anni Ottanta si è assistito a un riorientamento. In una situazione di grave crisi finanziaria e di attrattività del sistema ferroviario si è infatti affermato il riconoscimento delle sue effettive potenzialità. Il rilancio è scattato nel 1987 con il varo del progetto «Ferrovia 2000» e, nel 1992, con la decisione per la costruzione delle «Nuove trasversali ferroviarie alpine». Inizialmente il loro finanziamento era ancora fragile. Riposava infatti sulla concessione di crediti da parte della Confederazione. Rapidamente ci si rese tuttavia conto che il loro rimborso sarebbe stato impossibile e che occorreva un sistema garante di sicurezza e continuità. Attraverso un lungo percorso parlamentare e diverse votazioni popolari, si è giunti così, nel 1998, alla costituzione di un fondo specifico. Esso beneficiava di risorse vincolate, aveva carattere temporaneo ed era destinato solo ad alcune nuove grandi opere. Nel 2016 si è poi giunti a una soluzione definitiva, che ha previsto un fondo a tempo indeterminato per tutti i progetti di ampliamento e anche per la manutenzione e la conservazione della rete (Fondo per l’infrastruttura ferroviaria).
Il finanziamento del sistema dei trasporti è stato in seguito ulteriormente potenziato. A partire dal 2006 è stato compiuto un primo passo disponendo risorse specifiche a tempo determinato da allocare al sostegno della mobilità negli agglomerati (Programmi di agglomerato). Un secondo passo è giunto nel 2020 con l’attivazione di un nuovo fondo (FOSTRA) volto, da un lato, a rafforzare il sostegno alle strade nazionali (a complemento dell’esistente FST) e, dall’altro, a dare continuità all’impegno a favore del traffico d’agglomerato. Oggi strada e ferrovia beneficiano dunque di sistemi di finanziamento più o meno analoghi nella loro meccanica e, su questa base, sono periodicamente elaborati programmi di investimento specifici per sviluppare le rispettive reti. Esiste dunque un effettivo coordinamento tra lo sviluppo delle infrastrutture stradali e ferroviarie? Oggi sembra prevalere una corsa tra i tre Uffici federali competenti (strade, trasporti e sviluppo territoriale) a spendere tutto quanto i rispettivi fondi mettono a disposizione. È sostenibile la promozione di infrastrutture parallele con compiti analoghi? È forse giunto il momento di dar vita a un unico fondo di finanziamento che permetta la definizione di chiare priorità intermodali. Il voto del 24 novembre potrebbe essere l’occasione per verificarne la fattibilità.