È sempre tempo di scorte d’emergenza

by Claudia

Il Consigliere federale Guy Parmelin spiega come la Svizzera si attrezza al cospetto di diversi scenari di pericolo e perché anche ai giorni nostri sia importante avere delle scorte d’emergenza

Signor Consigliere federale Guy Parmelin, quali sono le sue scorte d’emergenza personali?
Sta sicuramente pensando alle mie scorte di vino (ride)! Scherzi a parte, mia moglie e io abbiamo sempre in casa acqua, riso e patate per una settimana circa. E anche un po’ di contanti.

Perché?
Può sempre succedere un qualche imprevisto. Ed è per questo che tutti dovrebbero essere in grado di vivere in autonomia per qualche giorno. Senza dimenticare le medicine o il cibo per gli animali domestici. È inoltre utile avere una torcia elettrica.

Come mai la campagna per le scorte d’emergenza inizia proprio in questo momento?
Durante la pandemia di Covid e la crisi energetica, le persone erano molto sensibili alla questione. Ma ora è di nuovo subentrata una certa noncuranza. La mia impressione è che – soprattutto tra i giovani e nelle città – la gente pensa di potersi procurare qualcosa da mangiare subito e ovunque. Purtroppo non è sempre così. Per facilitare le cose, ora abbiamo a disposizione un calcolatore delle scorte d’emergenza. In questo modo tutti possono sapere facilmente quali scorte dovrebbero avere in casa.

Entrando nel dettaglio delle minacce: quanto è probabile un conflitto armato?
Nel mondo ci sono vari focolai di guerra dall’esito imprevedibile. La situazione è molto seria. Tutti i Paesi stanno potenziando i loro eserciti. Anche la Svizzera è costretta a farlo. I caccia F-35 e il sistema di difesa aerea Patriot sono un inizio.

Quanto sarebbe grave un blackout su larga scala?
Gravissimo! Tutto dipende dall’energia elettrica. Le scorte d’emergenza sono particolarmente importanti in caso di blackout prolungato e diffuso.

Dobbiamo abituarci a frequenti catastrofi naturali?
Dobbiamo cercare di ridurre al minimo i potenziali danni. E questo richiede investimenti. Ho visitato Lucerna durante l’alluvione del 2021: senza gli investimenti preventivi pari a diversi milioni di franchi, le conseguenze sarebbero state ancora peggiori.

Ci vorranno altri 100 anni prima della prossima pandemia?
Non sappiamo quando arriverà la prossima pandemia. Sappiamo solo che arriverà. Ciò che abbiamo imparato dalla recente esperienza purtroppo ci aiuterà solo in parte, poiché ogni pandemia è diversa. Se, ad esempio, fossero più a rischio i giovani degli anziani, occorrerebbero misure del tutto diverse.

Quanto sono pericolosi i cyberattacchi?
Molte piccole aziende sottovalutano troppo questo rischio. Chiunque può essere vittima di un attacco informatico. Sono felice che ai WordSkills di Lione gli informatici svizzeri si siano laureati campioni mondiali della sicurezza informatica.

Qual è il ruolo dei commercianti al dettaglio come la Migros nell’approvvigionamento del Paese?
Fondamentale! Hanno dimostrato grande flessibilità durante la pandemia. La gente sapeva che entrando in negozio avrebbe trovato tutto ciò che le occorreva. Solo all’inizio, prima di avere questa consapevolezza, c’è stata la corsa per accaparrarsi più merce possibile.

La Svizzera ha un grado di autoapprovvigionamento del 49%. Ciò significa che quasi la metà delle derrate alimentari viene prodotta in Svizzera. È sufficiente?
Se questa percentuale dovesse diminuire, sarebbe pericoloso. Soprattutto in caso di un’altra crisi. Ho un aneddoto al riguardo: una volta il ministro indiano del commercio mi disse che la Svizzera avrebbe dovuto smettere di produrre prodotti agricoli. L’India poteva fornirli a costi molto più bassi. Qualche anno dopo, l’India interruppe le esportazioni a causa della siccità. Questo dimostra che la situazione può cambiare rapidamente. In caso di crisi, non si hanno più amici. Ogni Paese pensa per sé.

E allora cosa fa il nostro Paese in caso di crisi, se importa metà dei suoi prodotti alimentari?
La Svizzera ha scorte obbligatorie di riso, olio, sementi, benzina e molto altro ancora. In caso di una grave crisi, dovremmo tuttavia rivedere anche i consumi e cambiare le nostre abitudini, privilegiando una dieta vegetariana.

Gli agricoltori sono molto importanti per l’approvvigionamento del Paese. In primavera ci sono state alcune sporadiche proteste. Cosa fate per evitare che la situazione si aggravi ulteriormente, come nei Paesi vicini?
Gli agricoltori hanno due preoccupazioni: vogliono prezzi più alti per i loro prodotti e meno oneri amministrativi nella loro vita quotidiana. Abbiamo fatto dei passi in questa direzione. Oltre ai controlli statali, esistono ad esempio anche controlli per i marchi privati come IP Suisse o Bio, dove un miglior coordinamento potrebbe ridurre gli oneri amministrativi.

E i prezzi?
Ci sono pressioni da entrambe le parti: gli agricoltori vogliono vendere i loro prodotti al prezzo più alto possibile, mentre i consumatori vogliono acquistarli pagando il meno possibile. In mezzo ci sono le aziende trasformatrici e i rivenditori. La trasparenza non deve essere totale in questa catena, ma ce ne vuole un po’ di più nella fissazione dei prezzi. E possibilmente ciò dovrebbe accadere in maniera volontaria. Dal Parlamento giungono infatti forti pressioni per l’introduzione di nuove disposizioni di legge.

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