L’ultimo saggio della storica e giornalista Anne Applebaum, Autocracy Ltd., spiega il conflitto centrale che affligge il mondo
Nell’immaginario collettivo la caricatura di uno Stato autocratico vede al vertice un «cattivo» che controlla dall’alto la polizia e l’esercito, con questi ultimi che a loro volta mantengono l’ordine, minacciando la popolazione con la violenza. Tuttavia nel XXI secolo il quadro non è più così semplice. Lo spiega bene la giornalista e storica statunitense Anne Applebaum nel suo nuovo libro intitolato Autocracy Ltd., dove racconta come il conflitto centrale che affligge il mondo e sul quale è necessario concentrare tutti i propri sforzi sia proprio quello fra democrazie ed autocrazie. «Il volume è un ragionamento sull’esistenza di un network», ha commentato l’autrice Premio Pulitzer alla presentazione del saggio con la Foreign Press Association di Londra. «Non un’alleanza – ha detto – ma un vero e proprio network di Stati che hanno ideologie molto diverse fra loro. La Cina comunista, la Russia nazionalista, la teocrazia iraniana, il socialismo bolivariano del Venezuela, la Corea del Nord e altri Paesi, i cui leader o partiti al potere vogliono governare senza alcun tipo di controllo esterno, senza osservare le leggi e in assenza di un potere giudiziario indipendente e di organi di informazione liberi», sottolineando come suddetti Paesi collaborino opportunisticamente in ambiti finanziari o di affari, condividendo tecnologie di sorveglianza o strategie geopolitiche. Ma soprattutto per opporre resistenza al linguaggio delle liberal-democrazie, dei diritti umani e dello stato di diritto in senso ampio, visto come una minaccia al loro potere assoluto.
Vari elementi rendono le autocrazie odierne differenti dalle dittature del XX secolo. In primo luogo, gli attori principali sono persone che hanno a disposizione miliardi, tanto che la Applebaum parla di vere e proprie cleptocrazie, create con denaro sottratto alla popolazione. «Alcuni sono addirittura saliti al potere in virtù dell’accumulazione di tanta ricchezza, avvalendosi della complicità del sistema finanziario internazionale, spesso usato per celare i loro patrimoni che sovente sono tenuti nascosti ai cittadini, attraverso immobili o società facenti capo a proprietari anonimi». Uno dei punti salienti del libro riguarda anche l’atteggiamento che le autocrazie manifestano verso l’informazione e la propaganda. Mentre un tempo l’Urss, ad esempio, promuoveva prevalentemente il proprio operato, oggi lo scopo principale delle autocrazie è quello di minare le idee e il linguaggio delle democrazie e dello stato di diritto in generale. La loro collaborazione verte anche sull’impiego di tecnologie di sorveglianza: in questo campo il Paese più avanzato è la Cina che vende le proprie tecnologie ad altre realtà.
«Mi è stato detto come la polizia bielorussa stia riguardando i filmati delle proteste del 2020 dopo che Lukashenko aveva vinto illegittimamente le elezioni, usando le tecnologie di riconoscimento facciale per trovare le persone coinvolte, e ancora adesso sta effettuando arresti», ha puntualizzato la Applebaum, menzionando esempi di cooperazione attraverso la condivisione di tecnologie di sorveglianza. La minaccia autocratica assume connotazioni diverse da Paese a Paese. Mosca rappresenta una diretta minaccia fisica e strategica per l’Europa. Ha messo insieme un esercito che è addestrato per conquistare territori come fa adesso in Ucraina, ma potrebbe anche farlo nelle regioni baltiche della Polonia o persino in Germania. «Ricordo che Putin da giovane era un ufficiale del KGB a Dresda, quindi lui rammenta l’epoca in cui l’Urss arrivava fino a Berlino. Dunque può immaginare la Germania orientale fare nuovamente parte dell’impero russo…», ha affermato la giornalista, grande esperta di ex Urss, di cui aveva scritto anche in Gulag: A History, per il quale nel 2004 si era aggiudicata il Pulitzer.
La Cina non costituisce una minaccia fisica per l’Europa. Tuttavia lo è per Taiwan, cui l’Occidente è connesso da un legame di amicizia, ma anche da un rapporto di natura politica ed economica. Inoltre, da un punto di vista strategico, i cinesi sono molto attivi nell’accaparrarsi dati. «Mi hanno riferito che ultimamente hanno manifestato interesse nell’acquisizione di dati relativi al Dna», ha raccontato Applebaum. Come risaputo, Pechino guarda anche alle infrastrutture chiave come i porti, che permettono di monitorare le merci in entrata e in uscita. L’Iran è uno sponsor del terrorismo in tutto il mondo e non solo in Medio-Oriente. Quindi rappresenta un’ulteriore tipo di minaccia per le nostre democrazie, che possono essere destabilizzate da una violenza fuori legge.
Seppure diverse fra loro, le autocrazie di cui sopra – come detto – sono unite da uno stesso obiettivo: minare l’ordine democratico. Applebaum vuole creare consapevolezza ed esortare a un maggiore coordinamento delle attività contro questa minaccia: la Nato non basta più. «Una delle ragioni per cui Putin ha invaso l’Ucraina è perché pensava che non vi sarebbe stata alcuna reazione; credeva di arrivare a Kiev in 3 giorni. Ma la reazione c’è stata e gli ucraini sono stati supportati; la coalizione spontanea nata da questa invasione regge già da 2 anni e mezzo», ha sottolineato la scrittrice, che vede nella collaborazione internazionale il principale strumento difensivo. L’Europa ormai ha capito che la Russia non è un partner commerciale benigno, da cui comprare gas.
In parte grazie anche alla pandemia, gli Usa e il Vecchio Continente hanno compreso che non possono rischiare di dipendere dalla Cina per forniture mediche, risorse naturali o altre importazioni importanti. L’amministrazione Biden, in particolare, ha manifestato il piano di riportare negli Usa la produzione manifatturiera di alcuni beni, anche per motivi di sicurezza. Negli ultimi mesi si è registrato un calo degli investimenti stranieri in Cina, perché vengono percepiti rischi geo-politici che prima non si vedevano. Ciò non significa boicottare o essere in conflitto con Pechino. Anche se non si può impedire alle autocrazie di collaborare, è opportuno continuare ad avere rapporti diplomatici. Senza dimenticare inoltre che vi sono Paesi che hanno affinità sia con il mondo democratico sia con quello autocratico, e occorre lavorare soprattutto con loro. Si pensi a Singapore, alleato democratico, ma anche partner commerciale della Cina. La via maestra dunque? Una coalizione di democrazie unite da interessi comuni, come ad esempio la regolamentazione dei social media oppure l’eliminazione del riciclaggio del denaro sporco.