A settembre il Governo elvetico sarà chiamato a esprimersi a proposito di una proroga delle condizioni speciali adottate per le rifugiate e i rifugiati ucraini
Il Consiglio federale una volta ancora alla prova dello Statuto S. Tra qualche giorno, a inizio settembre, il nostro Governo è chiamato a decidere sul futuro del sistema di protezione speciale in favore dei profughi in arrivo dall’Ucraina, come confermato dalla Segreteria di Stato per la migrazione, interpellata dalla stampa d’Oltralpe. Al momento lo statuto S ha una data di scadenza, fissata al mese di marzo del 2025, un termine deciso lo scorso novembre dallo stesso Consiglio federale che di anno in anno rinnova il permesso. A Berna i nostri sette ministri devono ora decidere se prolungare di ulteriori dodici mesi il sistema di accoglienza speciale per i cittadini ucraini, in fuga dal loro Paese dopo l’invasione russa, iniziata il 24 febbraio del 2022.
I segnali finora giunti dalla capitale federale lasciano pensare che questa ulteriore proroga verrà effettivamente accordata, anche perché, e questa è la motivazione principale, la guerra in Ucraina non è vicina alla conclusione. A favore di uno statuto S valido fino alla primavera del 2026 ci sono altre due ragioni, di carattere più politico. La prima è di natura interna. Su questo argomento il Dipartimento di giustizia e polizia, titolare del dossier, ha di recente aperto una procedura di consultazione tra i cantoni del nostro Paese. Le risposte inviate a Berna non lasciano dubbi, visto che a larga maggioranza le autorità cantonali appoggiano questa ulteriore estensione, pur sottolineando alcune criticità del sistema. E qui vanno ricordate le regole principali su cui poggia questo meccanismo, che esiste da oltre vent’anni, ma che prima d’ora non era mai stato applicato concretamente.
Lo statuto S venne forgiato negli anni 90 del secolo scorso, dopo gli arrivi di massa nel nostro Paese dei profughi in fuga dall’ex Jugoslavia. Questo permesso garantisce l’accoglienza in Svizzera, senza che le persone interessate debbano confrontarsi con le normali procedure d’asilo. Chi è titolare di uno statuto S ha il diritto di muoversi liberamente dentro e fuori i nostri confini nazionali, può svolgere un’attività professionale indipendente o cercare un posto di lavoro nel nostro Paese, senza periodi di attesa, e se non riesce a mantenersi autonomamente può far capo agli aiuti sociali. I Cantoni si occupano di trovare un alloggio per queste persone e di garantire le cure mediche necessarie e l’istruzione pubblica per chi è in età scolastica.
Alla fine dello scorso mese di luglio erano circa 66mila le persone a cui è stato accordato questo statuto, il numero più alto dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. L’impalcatura messa in piedi dal nostro Paese sembra riuscire a reggere questi numeri, anche se tra i cantoni c’è chi vede dei margini di miglioramento o delle pecche del sistema. La prima fra tutte riguarda l’accesso al mondo del lavoro. Il Consiglio federale si è posto un obiettivo, al momento decisamente velleitario: entro la fine del 2024 la percentuale di profughi ucraini attivi professionalmente dovrebbe raggiungere il 40%, ad oggi però arriva appena al 27%. Per accrescere questa quota, a detta di diversi cantoni, vanno per prima cosa migliorate le capacità linguistiche dei profughi, obbligandoli in futuro a seguire dei corsi specifici in una delle tre lingue ufficiali, lezioni al momento solo facoltative.
Aumentare il numero di cittadini ucraini che svolgono un’attività professionale significa anche poter ridurre il sostegno finanziario pubblico stanziato in questi anni, una fattura che per la sola Confederazione si aggira al momento attorno ai due miliardi di franchi. Un’altra criticità è quella legata alla mobilità. Chi è al beneficio di uno statuto S può tornare nel proprio Paese, ma se vi soggiorna per più di due settimane nell’arco di tre mesi le autorità federali possono revocare questo permesso. Su questo punto tra i cantoni c’è chi ritiene che si debba frenare questo «turismo» tra Svizzera e Ucraina, come del resto ha chiesto nel giugno scorso anche il Consiglio degli Stati.
E qui va detto che la Camera dei Cantoni vuole anche accordare lo statuto di protezione soltanto a chi arriva dalle regioni dell’Ucraina occupate dalla Russia o coinvolte direttamente nel conflitto. Ora di questo tema deve occuparsi il Consiglio nazionale. In favore di un’ulteriore proroga dello statuto S c’è comunque anche una ragione di politica estera. Già in giugno l’Unione europea ha prolungato fino al mese di marzo del 2026 il proprio sistema di protezione in favore degli oltre quattro milioni di profughi ucraini che vivono nei 26 Paesi dell’Ue. Su questo punto la Svizzera si è sempre mossa in sintonia con le autorità europee, e così dovrebbe essere anche per il futuro prossimo. Da notare che per legge lo statuto S ha una validità massima di cinque anni, al termine di questo periodo i cittadini ucraini che ancora vivranno nel nostro Paese otterranno un permesso di dimora B.
Ma di questo si parlerà nel 2027, nella speranza che la guerra in Ucraina, e ora anche in territorio russo, possa terminare ben prima di quell’anno.