Meno diseguaglianze e più rispetto per lo Stato

by Claudia

Un’enorme sfida per Keir Starmer: sebbene il Paese non sia sull’orlo di una guerra civile, come andava affermando Elon Musk durante i primi giorni dei riots, la situazione è tesa e lo scontento generalizzato

Possono arrivare altre notizie, i titoli diventano altri, ma una tragedia come quella di Southport, con il suo dolore e le sue conseguenze, non è di quelle che si possano dimenticare. A nemmeno un mese dall’uccisione di tre bimbette, Bebe King di 6 anni, Elsie Dot Stancombe di 7 e Alice da Silva Aguiar, di 9 anni, da parte di un diciassettenne, il Regno Unito non smette di ragionare su quello che è avvenuto e sui terribili disordini che sono seguiti. Il re Carlo è andato a visitare una comunità che deve riprendersi dal trauma, dal dolore, esprimendo «simpatia e empatia», e ha ricevuto a Clarence House le famiglie delle tre piccole vittime. Ha anche ringraziato le forze dell’ordine per aver saputo spegnere l’incendio dei riots, nati dalla strumentalizzazione della rabbia da parte dell’estrema destra, con la complicità dei social media, dei politici irresponsabili e, sostengono gli esperti, anche di un consistente contributo da parte della Russia. Ma non solo: da un’infelicità nazionale che occorre affrontare su ogni piano.

Tutto è cominciato quando, la mattina del 29 giugno, un giovane ha fatto irruzione in un edificio dove si stava svolgendo un corso di yoga e danza per bambini dedicato al mondo di Taylor Swift. Il ragazzo, armato di un coltello, si è avventato sui presenti, uccidendo tre bimbe e ferendo altri 8 minori e 2 adulti, tra cui l’insegnante di yoga. Lo sconcerto è stato enorme, «sembra di essere in America», aveva dichiarato un vicino alle televisioni, ma già in serata il dolore aveva preso una piega diversa dopo che un sito, Channel3Now, aveva rivelato un nome e un cognome falsi per l’attentatore, scrivendo che si trattava di un richiedente asilo arrivato su una piccola imbarcazione sulla Manica un anno prima.

Nigel Farage, leader di Reform Uk fresco di elezione a Westminster, ha pubblicato un video in cui lasciava intendere che le autorità non stessero dicendo la verità sull’autore della strage, rinfocolando teorie del complotto che hanno portato decine di persone ad assaltare una moschea e a compiere azioni violente. Per questo in via del tutto eccezionale, e considerando che il colpevole della strage avrebbe compiuto 18 anni la settimana successiva, il giudice ha deciso di rivelare la sua identità: Axel R., figlio di immigrati ruandesi, nato a Cardiff.

Keir Starmer, il premier, ha avuto tutti gli strumenti per affrontare una situazione che per lui era un déjà vu: da procuratore capo, aveva già gestito i riots del 2011, quelli che dall’uccisione di un uomo nero da parte della polizia a Tottenham avevano portato giovani e meno giovani a saccheggiare negozi e a mettere in grave subbuglio il Paese. La ricetta allora era stata quella di far lavorare i tribunali giorno e notte in modo da assicurare condanne rapide e esemplari per i colpevoli, in grado di dissuadere gli altri dal seguire il pericoloso esempio. Da Downing Street, Starmer è riuscito a fare la stessa cosa, evitando proclami populisti come l’annuncio di misure speciali: nel giro di cinque giorni, la sua tecnocrazia giudiziaria ha permesso alla situazione di rientrare.

Nel frattempo ci sono stati flash mobs di violenza inaudita nei confronti di immigrati, di alberghi utilizzati per ospitare richiedenti asilo e della polizia stessa. Sono finiti davanti ai giudici ragazzini di 12 anni, padri di famiglia, gente con precedenti penali e hooligans già noti alle forze dell’ordine. Proprio i disordini allo stadio hanno fornito un modello d’azione per gli agenti. Starmer è stato universalmente elogiato per la maniera in cui ha risposto a una crisi arrivata a poche settimane dalla sua elezione.

Mentre i seguaci di Tony Robinson, fondatore della English Defense League ultraxenofoba e volto di punta dell’estrema destra britannica, mettevano a ferro e a fuoco il Paese, cittadini normali si organizzavano per rimettere ordine nelle strade e per manifestare contro il razzismo. Gli stessi parenti delle vittime, che hanno ricevuto condoglianze da tutto il mondo e sono stati contattati in privato da Taylor Swift, hanno lanciato appelli a non strumentalizzare la tragedia e a lasciare loro lo spazio per vivere il loro lutto atroce in pace. La pace è tornata, ma questo fulmine estivo lascia molto materiale su cui riflettere: le città colpite dai riots sono povere, disperate, deluse dal risultato dell’ultima monumentale espressione di scontento. Liverpool, Hartlepool, Manchester e non ultima Rotherham, teatro di un’orribile vicenda di abusi sessuali su ragazzine minorenni per mano di uomini pakistani, durato decenni e taciuto troppo a lungo, sono luoghi disperati e Starmer lo sa.

La Brexit è un segno di disagio, questi riots, anche spenti, denotano irrequietezza, e sebbene il Paese non sia sull’orlo di una guerra civile, come aveva suggerito un Elon Musk particolarmente attivo nei giorni dei disordini, è importante che le disuguaglianze vengano affrontate. E che il rispetto per lo Stato torni a essere forte, grazie a una politica in grado di amministrare con competenza e equità la cosa pubblica. La polizia è stata al centro delle polemiche durante le prime settimane di agosto per la severità dimostrata nei confronti dell’estrema destra, superiore, secondo i critici, a quella rivolta verso le minoranze etniche nelle manifestazioni pro-Gaza, ad esempio.

Starmer vorrebbe affrontare anche il ruolo dei social media, quella benzina sul fuoco che amplifica tutto quello che non va e crea illusioni, problemi, tragedie. In Pakistan la polizia ha accusato un uomo di aver diffuso notizie false durante i disordini, a riprova di quali siano le implicazioni globali dei problemi locali. Però la retorica stessa dei politici, che per anni hanno accusato gli immigrati di ogni nefandezza e hanno usato un linguaggio disumanizzante, ha preparato il terreno per la situazione attuale. La soluzione non può essere quella di arrestare tutti, e Starmer lo sa, anche perché il sovraffollamento carcerario è un problema anche nel Regno Unito.

Bisogna ricucire un Paese, nonostante la crisi economica, le conseguenze della Brexit, le comunità che si guardano di traverso.

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