L’amicizia tra uomini e donne? Sì, è possibile, ma solo dopo una certa età, quando l’ormone ha smesso di comandare. Me lo dice senza tentennare, ironico (o realista?), lo scrittore italiano Andrea Vitali, di cui trovate l’intervista a pag. 9. Il tema è teoricamente irrisolvibile e ognuno ha una risposta valida soltanto per sé, ma – al di là dell’apparenza – è molto meno frivolo di quanto possa sembrare.
Ci si sono rotte la testa le migliori menti della storia. «Le donne possono stringere benissimo amicizia con un uomo, scriveva caustico Nietzsche in Umano, troppo umano, ma per poterla conservare, a tal fine deve ben aiutare una piccola antipatia fisica». Come dire che gli amici dell’altro sesso, per essere davvero tali, o sono brutti, o comunque vanno percepiti come poco desiderabili.
Sempre Nietzsche osserva poi che «le medesime passioni hanno nell’uomo e nella donna un ritmo diverso: perciò uomo e donna continuano a fraintendersi». È quello che i moderni studiosi di psicologia evolutiva hanno tradotto con una formulazione semplice e brutale: «She thinks friends, he thinks sex» (lei pensa amici, lui pensa sesso). Non so se questo modo di concepire la faccenda sia ancora attuale, certo è che anche la scienza sembra propensa da avallarla.
Vorremmo dissentire e in parte possiamo farlo chiedendoci se, nell’epoca della società fluida, la presunta impossibilità dell’amicizia tra poli che si attraggono non andrebbe declinata per orientamento sessuale, invece che per genere. Può una persona a cui piacciono gli uomini, nel senso di esserne fisicamente attratta, donna o uomo che sia, essere solo amica di un uomo? Può una persona a cui piacciono le donne, uomo o donna che sia, essere solo amica di una donna? Lo stesso vale per ogni realtà rappresentata dalla sigla LGBTQ+. Insomma: si può ancor far valere la presunta differenza d’intenti più o meno consci tra maschi e femmine in una società dalle molteplici relazioni non solo binarie?
Ma l’obiezione più seria, tornando a maschi e femmine, è un’altra. Dire che l’amicizia tra i sessi è una condizione che dipende dalla pace dei sensi in età avanzata o dalla scarsa avvenenza della controparte, significa in un certo senso ammettere che non esistono altre possibilità di relazionarsi profondamente con persone del sesso opposto che non siano un’esperienza fisica gratificante. Significa anche rassegnarsi all’idea di «usare» l’immensa parte dell’umanità alla quale non si appartiene unicamente per soddisfare le proprie pulsioni primarie.
Peggio ancora, e qui il pericolo è velenoso per le nuove generazioni, ritenere che un rapporto riuscito con una persona dell’altro sesso sia basato sulla sua «conquista» fisica, con tutto il corollario di frustrazioni, e ahimè di delitti, quasi sempre femminicidi, annesso a un eventuale rifiuto delle avances. È infatti purtroppo assai diffusa tra i giovani l’idea che se hai una ragazza, rispettivamente un ragazzo, sei un vincente. Se non ce l’hai sei uno «sfigato».
L’amicizia con l’altro sesso appare quasi una trappola, un tonfo nella temutissima «friend zone», invece che un’esperienza di scambio e arricchimento reciproco senza secondi fini che costituisce la sua stessa essenza. Nascono così rapporti mutilati e immaturi, la convinzione di non essere in grado di gestire un’amicizia in presenza di attrazione fisica o di un rifiuto a darle un seguito.
Vitali, Nietzsche e gli psicologi evolutivi hanno molte ragioni quando osservano che tra maschi e femmine s’insinua spesso il fantasma del sesso, ma ciò non significa che queste relazioni d’amicizia con un grado maggiore di complessità non siano desiderabili e non generino relazioni preziose. In fondo, come scrive Dacia Maraini andando al nocciolo della questione, «un rapporto d’amicizia che sia fra uomini o donne, è sempre un rapporto d’amore».