Le foto truccate di Kate Middleton, gli scivoloni di Chiara Ferragni e le inquietudini di un pubblico deluso
Vogliamo la verità. Ma per una ragione nuova: tra poco non sapremo più distinguerla dal falso, dal finto, dal contraffatto, dal deepfake. E ai nostri idoli, fino a quando ci piacerà sceglierli in carne e ossa e non generati dall’intelligenza artificiale come la modella Aiatana Lopez, chiediamo almeno un po’ di lealtà. Non dico l’autenticità tanto in voga fino a qualche anno fa, ma almeno il battito umano, il pulsare di un cuore, una reazione spontanea. Mentre la tecnologia fa carriera e la nostra vita si prepara a cambiare – lo sappiamo che è così, anche se a volte facciamo finta che l’IA non esista – ci sono due storie che stanno rivelando più di altre l’emergere di una nuova esigenza, di una nuova inquietudine: Catherine Middleton e Chiara Ferragni. Due figure che si sono rette in passato sul fatto di avere una fortissima aura, una per ragioni istituzionali, l’altra per essersela guadagnata a suon di scatti e mises azzeccate. E questa aura sta perdendo smalto perché entrambe stanno venendo meno al loro compito di esprimere una verità. In questo modo non possono più essere punti di riferimento per nessuno.
Partiamo dal caso globale, Kate. Bella come le principesse delle fiabe, ci ha abituati negli anni a standard inarrivabili di perfezione: non è mai apparsa in modo meno che impeccabile. A gennaio è stata operata all’addome, una formula generica e misteriosa che le ha garantito qualche settimana di tranquillità. Poi ha iniziato a serpeggiare il panico, il complotto, la dietrologia fantasiosa sulle sue reali condizioni di salute, fino a rendere necessaria un’esibizione del suo volto, una prova della sua esistenza in vita. E quindi ecco la prima foto in macchina con la madre, forse leggermente gonfia nei tratti, e poi la decisione di pubblicare uno scatto di famiglia, per la Festa della mamma, sulla cui totale assenza di senso si sono già soffermate tutte le testate del mondo per oltre una settimana. Ma cosa ci importa, di quella foto, oltre al fatto che lei non indossa la fede? Conta il fatto che la famiglia reale inglese è un simbolo e il fatto che quel simbolo abbia cercato di ingannarci, al di là del solito generoso uso di Photoshop a scopi estetici, genera un disorientamento collettivo che sta venendo fuori in modo massiccio, impossibile da ignorare. Anche perché, come tutti i messaggi potenti, si aggancia a un archetipo, in questo caso quello della damsel in distress, della damigella in pericolo sia per motivi di salute che, si teme, di irredimibile infelicità famigliare. Il fatto che poco dopo che Kate si era presa la colpa di tutto, dicendo di aver giocherellato con Photoshop come tutte le fotografe amatoriali, uno scatto mostrasse lei e William vicini nella macchina ma lontani nella postura – lei guarda fuori, lui il cellulare – non ha aiutato a dissipare la paura.
Foto opache, altro che casalinghe e autentiche, su cui pesa l’ombra di una comunicazione così informale da suonare sinistra. Elisabetta II, creatura novecentesca, avrebbe chiamato Cecil Beaton a farle un bel ritratto posato con un misericordioso chiaroscuro a coprire gli eventuali segni di debolezza. Scatto casalingo, si diceva. Di quelli in grado di farti sentire parte della famiglia ritratta, intimo, confidenziale. Un regno di cui Chiara Ferragni è stata regina per anni, con i suoi bambini e Fedez, che hanno mostrato quasi tutto di sé a un pubblico adorante, ipnotizzato dal concetto di «vedo tutto». Che oggi però si sente tradito, sia dal modo a dir poco leggero con cui sono state condotte le iniziative benefiche legate a pandori&Co, sia dal fatto che l’influencer sia andata in televisione da Fazio senza dire nulla di interessante, dando per scontato che apparire bella e leggermente meno in tiro del solito sarebbe bastato a smuovere gli animi e a far rifiorire le praterie di followers. E invece non è successo: sta continuando a perdere terreno e la sua strategia del silenzio sta danneggiando lei e i suoi azionisti, che a un certo punto potrebbero chiedere conto delle loro perdite. Lei sembra aver completamente rinunciato a far emergere un palpito, un elemento umano: anche davanti alla copertina di «L’Espresso» in cui veniva raffigurata come Joker, invece di cercare di raccogliere un poco di empatia con un commento a caldo ha preferito tirare in ballo gli avvocati, che sembrano anche gli autori di tutte le sue dichiarazioni degli ultimi tempi. Potrebbe mostrarsi vulnerabile, vera, presente, e invece risulta fredda e legnosa. Il contrario della seduzione.
La voce umana, nel momento in cui la tecnologia sta facendo di tutto per imitarla perfettamente, non ha mai avuto più valore. Prima eravamo spaventati dalle fake news, mentre qui sono le fake lives a terrorizzarci. Sappiamo abbastanza di tecnologia per sapere cosa può fare alla nostra quotidianità per non essere preoccupati. Con la minaccia di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca il nostro rapporto con la verità rischia di farsi ancora più labile. Non serve che Kate abbia usato gli ultimi ritrovati dell’IA per comporre il suo gruppo di famiglia, ci basta pensare che avrebbe potuto usarla per farci correre un brivido lungo la schiena. Tutti ci fotoshoppiamo le immagini. E le foto, al pari delle parole, possono essere molto ingannevoli, ma ora vogliamo delle regole, vogliamo sapere di quali manipolazioni siamo vittime. L’idea che un’istituzione arcaica come la Corona britannica sia lambita da un tipo di artificio futuristico ci turba, così come ci turba che non ci sia un cortigiano in grisaglie o una spia alla James Bond in grado di fare un lavoro pulito e permetterci di continuare a credere di sapere tutto dei nostri idoli. E invece ci stiamo trasformando tutti in dei San Tommaso, scettici e pure un po’ complottisti. «Se non vedo non credo», certo, ma cosa vedo?