Cosa c’è dietro il recente scambio di bombe tra Teheran e Islamabad? Focus sul dramma della popolazione baloch
È finita, come da copione, a tarallucci e vino. Anzi, vista la latitudine, a chai e samosa. Iran e Pakistan hanno emesso un comunicato congiunto in cui reiterano l’amicizia tra i due Paesi e mettono fine allo scambio di bombe avvenuto di recente. Ricapitolando i fatti: lo scorso 16 gennaio l’Iran lancia 14 missili e 7 droni suicidi nella zona di Panjgur, nel Belucistan (in inglese: Balochistan) pakistano per colpire, secondo Teheran, postazioni del gruppo militante della Jaish-ul-Adl. Sempre secondo Teheran, l’attacco dell’esercito iraniano è avvenuto come rappresaglia per la morte di 11 membri delle forze di polizia iraniane, uccisi dalla Jaish il mese scorso. Il Pakistan risponde dopo meno di quarantotto ore attaccando «nascondigli di terroristi del Balochistan Liberation Front e del Balochistan Liberation Army» nel Sistan-Belucistan in territorio iraniano. Sia il Pakistan che l’Iran dichiarano di aver colpito «gruppi terroristici» ma, a quanto dichiarano gli abitanti delle zone colpite, a morire sono stati soltanto donne e bambini.
Non era la prima volta, in realtà, e molto probabilmente non sarà nemmeno l’ultima. Questa volta la questione è finita sulla stampa internazionale soltanto perché l’Iran aveva precedentemente bombardato Siria e Iraq nel contesto della guerra tra Israele e Hamas. A essere precisi, bombardare il Belucistan sia per Teheran che per Islamabad è una specie di sport nazionale. La storia comincia da lontano. Il Belucistan è stato diviso nel diciannovesimo secolo in East Balochistan, sotto il controllo dell’impero britannico, e West Balochistan rimasto a far parte dell’impero persiano. L’Est Belucistan, che coincideva più o meno con i confini dell’allora Khanato di Kalat, godeva di una certa autonomia all’interno dell’impero britannico mentre l’altra parte, occupata dagli iraniani, è praticamente scomparsa dalla carta geografica trasformandosi in una provincia dell’Iran. L’Est Belucistan è stato forzatamente annesso al Pakistan all’indomani della Partition ed è da allora perennemente in lotta contro Islamabad per ottenere l’indipendenza. In Iran, le istanze dei nazionalisti baloch sono state tenute sotto controllo dal Governo di Teheran che ha sempre usato il pugno di ferro, l’esercito e la polizia segreta per evitare che si formassero movimenti organizzati. Attuando le stesse strategie messe in atto da Islamabad e ottenendo alla fine più o meno, sia pur con le dovute differenze, gli stessi risultati: la nascita cioè di organizzazioni di guerriglia che chiedono l’indipendenza, come in Pakistan, o migliori condizioni di vita, come in Iran.
Esattamente come in Pakistan, il Belucistan iraniano è estremamente ricco di gas, oro, rame, uranio e petrolio. Nonostante questo, sia in Iran che in Pakistan la regione ha il più basso reddito pro-capite e si stima che circa l’80% della popolazione viva sotto la soglia di povertà. Sia in Pakistan che in Iran, nell’area sono state installate moltissime basi permanenti dell’esercito (il Pakistan ha in Belucistan le sue installazioni nucleari) e si è incoraggiata l’immigrazione interna per tenere le eventuali rivolte sotto controllo. Non solo: mentre da parte iraniana si stima che circa l’80% delle esecuzioni capitali sia a danno di cittadini baloch, in Pakistan gli abitanti della regione sono da settanta anni vittima di quello che in molti definiscono un vero e proprio genocidio, sia culturale sia fisico. Sparizioni forzate, omicidi extragiudiziali, fosse comuni, traffico di organi, stupri e minacce sono all’ordine del giorno. Lo scorso ottobre, ad esempio, i civili di Dera Bugti, nel Belucistan pakistano, sono stati bombardati dalle truppe del loro Paese per più di venti giorni senza che nessuno se ne preoccupasse all’estero né tantomeno in Pakistan. La colonizzazione cinese del porto di Gwadar e di larga parte del Belucistan pakistano ha inasprito sia le condizioni di vita della popolazione locale che le istanze di rivolta. Niente di meglio, quindi, che prendersela coi baloch quando c’è bisogno di un diversivo a buon mercato e senza conseguenze. Il Pakistan deve andare alle elezioni il prossimo 8 febbraio, e la classe politica è in condizioni disperate mentre l’esercito è al minimo di popolarità storica.
Imran Khan, ex-premier e una delle figure politiche più popolari del Paese, è in prigione da mesi con le accuse più disparate mentre è stato fatto rientrare in patria Nawaz Sharif, tre volte primo ministro e volto-simbolo della corruzione endemica della classe politica pakistana. Bombardare l’Iran (o meglio, i baloch) è servito a ricompattare la popolazione attorno all’esercito e a distrarre i più dal fatto che le elezioni saranno, come sempre, truccate e gestite dai militari. Stesso discorso, con varianti minime, da parte iraniana: le Guardie rivoluzionarie sono in prima fila contro la lotta ai terroristi. E sarebbe ridicolo, se non fosse tragico, che due sponsor del terrorismo come Pakistan e Iran parlino di lotta al terrorismo e del terrorismo si dichiarino vittima.