Itinerari - L’Eisriesenwelt, il regno ghiacciato che si trova a una cinquantina di chilometri da Salisburgo ed è la più grande grotta di questo tipo al mondo, offre sensazioni e un’esperienza straordinarie
C’è una donna, piccolina, con un buffo copricapo e una tazza in mano. Si guarda attorno e gira qua e là sull’ampia terrazza affollata di una moltitudine cosmopolita di gente in attesa. Evidentemente sta cercando un tavolo, qualche sedia, un angolino dove sistemarsi per sgranocchiare un panino, bere il suo caffè o anche semplicemente mettersi al sole ad aspettare. Per finire desiste e va a sedersi sui gradini dell’entrata, imitata dai quattro figli. Le faccio un cenno con la mano, come a dire: se vuole può accomodarsi al nostro tavolo, un po’ di posto c’è.
Non capisce e si volta per vedere se mi rivolgo proprio a lei, così mi alzo e vado a spiegarglielo di persona. Ringrazia e mi segue. Veniamo da Linz, dice, nell’alta Austria, e prende a frugare nello zainetto. Il figlio maggiore, un simpatico ragazzo sulla ventina, è più loquace e racconta che l’estate scorsa sono stati una settimana in vacanza in Carinzia. Quest’anno invece sono venuti qui. Lui studia e, dopo il servizio militare, vuole iscriversi al politecnico di Zurigo. Intanto il fratello più piccolo e le sorelline se ne stanno lì in silenzio a sorseggiare una bibita. Qual è il suo slot? mi fa il maggiore, nel senso, per quale fascia oraria ha prenotato? Due e mezza tre, rispondo. Anche noi, però il cancello si apre già alle due e un quarto, mi informa. Buono a sapersi.
L’Eisriesenwelt, la più grande grotta di ghiaccio del mondo, non si concede senza regole e per entrarci devi scegliere prima di tutto il giorno e uno slot orario. Se non vuoi riservare il biglietto online, puoi anche presentarti qui, al Besucherzentrum, sperando che Dio te la mandi buona. Potresti aspettare ore o non vederlo del tutto, il mondo dei giganti di ghiaccio. Oltre duecentomila visitatori concentrati nei sei mesi d’apertura annuale non offrono molto spazio di manovra.
A sud di Salisburgo, il Salzach, affluente dell’Inn, che deve il nome al sale trasportato sulle sue acque fino a inizio milleottocento, ha inciso un profondo solco nelle montagne calcaree, separando le Alpi di Berchtesgaden, a occidente, dal massiccio del Tennengebirge, a oriente. E lì, dove la vallata inizia a distendersi in un paesaggio più dolce, c’è il bel paese di Werfen, sovrastato dall’imponente castello di Hohenwerfen, quello di Dove osano le aquile, e dalle scoscese pareti dell’Hochkogel.
L’entrata della grotta è proprio lassù, da qualche parte su quel bastione roccioso, a oltre milleseicento metri d’altitudine, indistinguibile dal basso nonostante la sua ampiezza.
Fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, si doveva salire a piedi all’Eisriesenwelt e ti toccava una bella sgambata di parecchie ore. Adesso una comoda strada di montagna ti porta senza fatica fino al Besucherzentrum.
Si è fatta l’ora. L’occhio elettronico scruta curioso il mio codice a barre, si accende di verde e mi dà il via libera, il cancello si apre. Dal centro di accoglienza, un tranquillo viottolo risale il pendio, ricoperto di un arioso bosco di conifere, le cui trasparenze regalano ritagli di paesaggi lontani. Una ventina di minuti e raggiungiamo la Wimmerhütte, uno spartano punto di ristoro, che dà accesso alla stazione di partenza della funivia, una delle più ripide dell’Austria. E qui puoi scegliere. Continuare a piedi sul sentiero che s’inerpica sulla montagna, piuttosto scosceso e un tantino esposto, ma in buone condizioni di sicurezza, oppure affidarti alla fune dell’ardito marchingegno che, dal 1955, in una manciata di minuti ti strappa letteralmente su di cinquecento metri fino alla sua stazione superiore dell’Achselkopf, facendoti risparmiare un’ora e mezza di cammino.
Da lì si sale per un’altra ventina di minuti, immersi in un paesaggio ormai spogliato della vegetazione arborea. Solo pochi cespugli e macchie d’erba s’avventurano sull’impressionante pendio roccioso, cosparso di colate di pietre cadute dall’alto, tanto che l’ultimo tratto del Beisszangensteig, il «sentiero delle Tenaglie», è stato coperto per mettere al riparo i visitatori. Più su, a 1’641 metri di quota, s’intravvede un’imponente cavità, una bocca spalancata sulla valle, l’entrata dell’Eisriesenwelt.
Da qui, lo sguardo abbraccia un panorama straordinario, la vallata del Salzach è un esteso lago di verde, su cui affiora, come un rettile primordiale, il corso sinuoso del fiume color argilla, che scorre in un mosaico di prati e paesi. Tutt’attorno le montagne, con le vette degli Alti Tauri che si ergono in lontananza.
Stormi neri di gracchi alpini s’innalzano con un lento volo a spirale, abbandonati alle correnti. Con un’improvvisa virata si buttano giù veloci nell’aria tersa, sfiorando le rocce, per poi riprendere a salire senza sforzo con il loro gracchiare monotono, che fa da colonna sonora all’ultimo tratto del percorso.
All’entrata della grotta, uno spettacolare imbuto di venti metri di larghezza e diciotto di altezza, che si apre nel mezzo della parete rocciosa, vengono formati due gruppi (la visita dura più di un’ora e si fa esclusivamente con guide esperte), uno per chi parla il tedesco e l’altro per l’inglese. All’interno dell’Eisriesenwelt sono bandite le foto; chiedo comunque a Max, il ragazzone che ci ha presi in consegna, se mi concede qualche scatto, per un articolo, gli dico. Basta che non si fermi mentre ci spostiamo, risponde, per non intralciare gli altri visitatori. Aggiunge alcune informazioni e raccomandazioni all’intenzione di tutto il gruppo, verifica se si indossano vestiti adatti (la temperatura sarà sempre sotto lo zero), buone scarpe (ci sono oltre settecento scalini da salire e scendere) e, infine, consegna delle lampade a carburo, perché nella caverna si è espressamente rinunciato all’illuminazione artificiale, per far scoprire il misterioso mondo dei giganti di ghiaccio in tutta la sua magia.
Stiamo per metter piede in un universo parallelo, unico e fantastico e ne abbiamo sentore appena aperto il portone d’entrata. Il regno dei ghiacci ci accoglie soffiandoci addosso il respiro della montagna. A dire il vero, più che respiro, è una specie di uragano, che si sprigiona dalle profondità e guadagna l’uscita, spegnendo la fiammella delle nostre lanterne da minatore e lasciandoci senza fiato. Il vento è provocato dalla differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno, spiega Max, e supera i cento chilometri orari, ma una volta dentro e chiusa la porta, non lo si avverte più.
Pare siano una specie di colabrodo, le montagne austriache, le sole grotte aperte al pubblico sono più di una trentina, ma l’Eisriesenwelt, scoperta alla fine dell’Ottocento (vedi articolo a fianco) è la più grandiosa. Un reticolo di cunicoli, che penetra nel massiccio del Tennengebirge per oltre quaranta chilometri. Uno solo è attrezzato e accessibile, ma è più che sufficiente a colmare di stupore e d’incanto l’animo del visitatore, rapito dal fascino e dalla magia di questo mondo sotterraneo, dalla sua grandiosità e dalla bellezza delle sue formazioni di ghiaccio.
Iniziamo a salire gli innumerevoli gradini di legno, l’oscurità è scalfita appena dalla luce fioca delle lampade a carburo, che allunga le nostre ombre palpitanti sulle pareti della caverna. Di tanto in tanto, Max si ferma, avvicina alla fiammella un cordoncino di magnesio e, all’improvviso, un’intensa luce bianca invade la grotta, rivelando per pochi istanti bizzarre sculture, sbrilluccicanti merletti e cascate cristalline e laghi iridescenti, che suscitano un coro di wow! di meraviglia.
Il popolo dei giganti di ghiaccio ha nomi mitologici: c’è Hugin (uno dei corvi di Odino), sottoforma di una colonna, bianco-azzurra, che dal pavimento arriva al soffitto della grotta; nella grande cavità della Hymirhalle, s’innalza il castello di Hymir (uno dei giganti della mitologia norrena), una montagna di ghiaccio con circonferenza alla base di una quarantina di metri per quindici di altezza; e poi ci sono l’elefante di ghiaccio, l’Eisorgel, detto anche Friggas Schleier, il velo di Frigga, la sposa di Odino, il dio supremo, che più avanti ha la sua sala, con il castello degli dei e un blocco di ghiaccio verde-blu simile a un trono.
Di volta in volta, l’intenso bagliore del magnesio svela una miriade di figure straordinarie, delicate stalattiti e stalagmiti, le stratificazioni multicolori dei muri di ghiaccio, sale monumentali, l’imbocco di oscuri abissi che sprofondano nel cuore della montagna e… un’urna, in una nicchia, con le ceneri di Alexander von Mörk, l’esploratore che ha rivelato al mondo lo sbalorditivo regno dei giganti di ghiaccio e che qui ha voluto essere sepolto.