Gastronomia - Quasi tutti gli ingredienti che oggi coltiviamo in Europa provengono dall’estero
Guardando agli ultimi millenni: quali e quanti sono gli ingredienti importati e acclimatati nel Mediterraneo, per finire poi in Italia e nel resto dell’Europa? Moltissimi, anzi la quasi totalità: a volte erano del tutto nuovi, altre volte avevano la caratteristica di essere più produttivi di quelli precedenti, che venivano così sostituiti: emblematico il caso dei fagioli, già noti ai Romani, ma spazzati via da quelli americani quando arrivarono da noi; oggi, qui sono gli unici sopravvissuti, sebbene rimangano una piccola percentuale del mercato; parliamo dei fagioli dall’occhio.
Proviamo a riflettere da dove vengono le piante coltivate oggi dalle nostre parti, pur mettendo già in conto, ovviamente, che non tutti sono d’accordo sulle reali origini delle specie, dato che sono perlopiù rivendicate da più parti.
Delle cinque principali, a livello di importanza e di valore in assoluto, il grano anzi i grani, vengono dalla cosiddetta Mezzaluna Fertile, ovvero dal Medio Oriente, in un territorio situato fra il Tigri e l’Eufrate. Il riso, dal sud della Cina. Il mais, dalle Americhe, come pure le patate. L’uva, dal Caucaso. Insomma, questi cinque colossi che hanno messo radici nei nostri terreni sono tutti immigrati.
La Cina – da millenni fa fino al secolo scorso – è stata una grande fonte, furono però i popoli che ora chiamiamo mediorientali, a fare da «intermediari», con i loro mercanti. Per dire, sono di origine cinese tutti gli agrumi, diffusisi ai tempi del dominio romano nel Mediterraneo e aree limitrofe; ma anche il sorgo, lo spinacio, la melanzana (anche se forse è indiana), la pera, l’albicocca, lo scalogno, la banana (forse malese) e altre derrate ancora. Anche i bovini, peraltro. E pure la canna da zucchero che, come per il caffè, non si è acclimatata in Europa ma gli europei hanno portato in tutto il mondo.
Dall’India arrivano i polli. I maiali sono, curiosamente, nativi in molti luoghi, dato che sono il discendente domestico dei cinghiali, presenti quasi dovunque nell’Eurasia, addomesticati autonomamente: non sempre c’è un’origine unica.
Dalla Mezzaluna Fertile, a parte il grano, sono arrivati gli ovini, il carciofo, la prugna e altri; la mela arriva dall’Asia Centrale, come pure la cipolla. Dall’Africa caffè, anguria e melone (forse).
Gigantesca è stata l’importanza dei prodotti americani: patate, mais e pomodoro hanno veramente cambiato l’Europa e il mondo. E anche cacao e tabacco. Senza dimenticare i peperoni e il peperoncino, il tacchino e molti tipi di fagioli.
Tutto questo è avvenuto non tanto «per caso» ma perché sollecitato da chiunque avesse il potere in qualsiasi paese. Probabilmente sta nel DNA degli umani il desiderio, anzi la necessità di aumentare la produzione delle piante esistenti e di acclimatare quelle nuove, per combattere l’onnipresente, per millenni, spettro della carestia e della malnutrizione, ed essendoci questa «domanda» i mercanti hanno fatto il resto. Sia chiaro, non tutte le piante hanno avuto un immediato successo: le patate sono state osteggiate a lungo, soprattutto in Italia. Altre invece hanno avuto un’accoglienza immediata, su tutte il peperoncino, che conquistò il mondo in pochi decenni – e perché piaceva, non perché era considerano un battericida (lo è, ma poco, i veri battericidi sono cipolla e aglio, onnipresenti per questo motivo nelle cucine di tutto il mondo).
In sintesi, cosa vuol dire? Che la nostra cucina, come le cucine di tutti, è figlia di tutti gli ingredienti del mondo: quale prova di intelligenza e lungimiranza di chi li ha valorizzati.