Mondoanimale / Procede lo studio di monitoraggio dell’ultima popolazione di "Rupicapra rupicapra" a sud delle Alpi; un progetto che prevede il recupero di fondamentali informazioni sullo stato di salute di ogni singolo esemplare
Parliamo dei camosci alpini (Rupicapra rupicapra): una specie di ungulati presente nell’intero arco alpino, dove si registra tuttavia un’importante diminuzione di esemplari. Più precisamente, in alcune regioni, il numero degli individui è andato riducendosi fino della metà negli ultimi quindici anni.
«La popolazione di camosci del Monte Generoso è molto particolare perché si tratta della popolazione più a Sud dell’arco alpino Svizzero». È la premessa di Norman Polli, presidente del Comitato distrettuale cacciatori del Mendrisiotto, con cui facciamo mente locale su questo gruppo di ungulati: «È una popolazione chiusa e isolata in seguito alla perdita di habitat e alla sua frammentazione, insediatasi in una zona non protetta e dalla grande valenza turistica».
Sottolineando che sono «protetti, dunque non cacciati», egli porta comunque l’attenzione sul fatto che, allo stato attuale delle cose «Il rischio legato a questa situazione è dato dalla possibile importante consanguineità degli individui, che può portare a una loro diminuzione e, in caso estremo, all’estinzione».
Il loro benessere sta a cuore oggi così come nel 2004, quando furono soggetti di un’importante campagna politica che mobilitò la popolazione del Cantone per la loro protezione. Sono passati circa vent’anni dal periodo in cui i camosci del Monte Generoso si ritrovarono di colpo al centro di un acceso dibattito sull’opportunità o meno di aprire la caccia contro di loro. Ma poi, afferma Polli: «L’attenzione mediatica si è affievolita col tempo e al giorno d’oggi si sa davvero poco sul loro stato di salute, sulle abitudini e su come si evolve la genetica di questi ungulati».
Da qui l’importanza di investigare nel dettaglio il loro stato di benessere: «Negli ultimi anni, sul Generoso si è assistito a una diminuzione notevole del numero di individui. Ma ci dobbiamo ricordare bene che, se vogliamo tutelare e conservare questi animali, è importante investigare la loro salute generale, individuo per individuo, in modo da capire quale sia lo stato effettivo della popolazione». E ribadisce il concetto secondo cui «la sopravvivenza e la salute dei camosci del Generoso sono fondamentali per il mantenimento della biodiversità e di tutta la fauna della montagna». Per affrontare quanto auspicato è stato lanciato uno studio dal Comitato distrettuale dei cacciatori del Mendrisiotto (presieduto da Polli) col sostegno della Consiglio di Cooperativa di Migros Ticino, oltre che dell’Ufficio cantonale della caccia e della pesca, dal WWF e da altri enti, il cui comune intento è esplicitato all’unisono da Polli e da Federico Tettamanti, responsabile del progetto per la conservazione della popolazione dei camosci alpini del Generoso: «Tale conservazione parte da qui, da uno studio dettagliato della situazione attuale del loro stato fisico ora sconosciuto. La sua importanza sta nel dare piena priorità agli animali selvatici, cercando di capire cosa si può fare per i loro veri problemi. Non si può intervenire per conservare una popolazione di animali selvatici senza informazioni circostanziate sul loro stato in sé, perché si potrebbero creare problemi aggiuntivi».
Il progetto ha la durata di un paio d’anni (dal 2023 al 2025), e Tettamanti ne riassume i contenuti: «Studieremo la conservazione del camoscio del Monte Generoso, descrivendo la popolazione di questi ungulati dal punto di vista fisico e genetico in modo da ampliare le nostre conoscenze». L’intento comune a promotori e studiosi sta dunque nel giungere alla caratterizzazione dei camosci del Generoso per sviluppare una conoscenza necessaria alla sua futura gestione. Tutti (cacciatori, Cantone ed esperti) per uno, e uno (lo studio) per tutti i camosci del Monte Generoso.
Le posizioni dei nostri interlocutori – sugli interessi della caccia e quelli di chi vuole preservare questi ungulati – si rivelano molto più convergenti di quanto non lascino presagire i luoghi comuni che spesso permeano questi temi. «Per prima cosa, è importante ricordare che su questo territorio la caccia al camoscio è chiusa da circa vent’anni e più», afferma Polli a cui fa eco Tettamanti che puntualizza: «In realtà, la caccia al camoscio è stata aperta per un anno ma in seguito fu chiusa immediatamente (pur lasciando cacciabili gli altri ungulati). A tale chiusura fu corrisposta la promozione di una grossa bandita di caccia sul Monte San Giorgio dove era stata osservata una crescita esponenziale degli ungulati (anche in questo caso, tranne il camoscio)».
Polli ritiene comunque essenziale parlare dello scopo della caccia: «L’abbattimento dei capi avviene su base legale (Legge federale sulla caccia) e scientifica, in modo tale che la popolazione della specie resti sana e prosperosa. E questo è pure l’obiettivo dei cacciatori che hanno a cuore habitat e fauna del nostro territorio, al punto tale che il nostro Comitato distrettuale non solo ha sostenuto, ma pure proposto questo studio in corso».
Tettamanti si allinea: «Grazie all’attività venatoria – ricordiamo sempre legalmente regolata e modulata secondo la preservazione del benessere degli animali stessi e del loro habitat – i cacciatori producono progetti per la conservazione della specie e aiutano ad accendere l’interesse generale attorno a questi animali». Luce che, afferma, si affievolisce proprio nel momento in cui si spengono i riflettori mediatici delle discussioni, e porta ad esempio il caso della Coturnice: «Si tratta della Gallina di montagna, la cui caccia è in moratoria dal 1986. Così, è successo che è stata lasciata nel dimenticatoio: nessuno si occupa più del suo monitoraggio, né indaga sullo stato e la dinamica della popolazione». Entrambi concordano sui delicati equilibri che caratterizzano la fauna e il loro habitat, e sul fatto che essi siano monitorati, evidenziati e corretti laddove questi vadano a minare in qualche modo il benessere e la popolazione: «La popolazione dei camosci, di fatto, è diminuita anche nei parchi nazionali. Ad esempio, sullo Stelvio si è notato che da quando la popolazione di cervi aumenta, quella di camosci diminuisce a causa di una competizione interspecifica». Informazioni fondamentali che ci permettono dunque di apprendere che «diversi fattori possono concorrere alla diminuzione di una specie che va quindi attentamente monitorata: la loro “scomparsa” può essere data dal deterioramento dell’habitat, dalla presenza di altre specie, dal cambiamento climatico, oppure semplicemente i camosci non si vedono perché restano nascosti nei boschi».
Preservarne la sopravvivenza diventa l’obiettivo preponderante, conclude Norman Polli: «Lo scopo di progetti come questo è giungere a un parere scientifico che determini, con valori oggettivi, la reale situazione. Un punto di vista a favore degli animali, in questo caso i camosci, libero da pensieri emotivi, o da visioni che si schierano “a favore” o “contro”. Una visione che si avvale dell’obiettivo della conservazione di una specie sana: è il fine comune a tutti».
Descrizione delle attività del progetto
Questo studio vuole raccogliere dati quantitativi e qualitativi sulla popolazione dei camosci del Generoso. Le catture degli animali sono effettuate con l’utilizzo di fucile narcotico e/o gabbia di cattura. Il lavoro di cattura viene svolto dal responsabile del progetto coadiuvato dai suoi assistenti di terreno. L’animale viene addormentato con il narcotico utilizzato per tali scopi. A questo punto, si raccolgono i campioni biologici necessari alle analisi, e i dati biometrici utili per conoscere meglio la popolazione.
I capi catturati sono identificati singolarmente con l’applicazione di un collare univoco e molto leggero per non disturbare gli animali nella loro vita quotidiana, creato secondo le normative di protezione degli animali e/o con marche auricolari. Dopo il primo anno di raccolta dei dati, si procederà a consegnare i campioni ai laboratori specializzati per le analisi genetiche, le analisi delle malattie e quelle dello stress ossidativo. I dati così raccolti dagli individui catturati saranno analizzati e i risultati riportati in un articolo scientifico per la pubblicazione su una rivista internazionale.
Le campagne di catture permetteranno di esaminare tutti gli individui necessari per lo studio approfondito della popolazione. Parallelamente, il documentario che sarà girato dalla televisione della Svizzera Italiana fornirà una visione dettagliata al lavoro e sarà ulteriore veicolo di promozione della conservazione dei camosci del Monte Generoso. I risultati ottenuti dalle analisi di laboratorio permetteranno di capire come conservare al meglio questa particolare ed emblematica popolazione e forniranno informazioni utili a implementare misure di conservazione mirate e accurate.