Will Gmehling, L’inaspettata eredità della famiglia Bukowski, La Nuova frontiera Junior (Da 9 anni)
«Eravamo seduti nella sala d’aspetto: mamma, Katinka, Robbie e io», ecco l’incipit di questo romanzo, molto esemplificativo, e non solo perché ci presenta da subito i personaggi (l’io narrante, l’adolescente Alf, i suoi fratelli minori, la mamma, manca solo il papà che comunque apparirà poche righe dopo), ma anche perché ci offre, sin da quella comunissima sala d’aspetto del dentista, il contesto di grande quotidianità della storia. Una quotidianità tuttavia mai banale, segnata dalle personali vicende dei vari membri della famiglia, anch’essa non banale (ma c’è una famiglia che lo è?), che certo non nuota nell’oro, che deve far fronte a vari problemi, non ultimo quello relativo al piccolo Robbie, il quale ogni tanto sembra vivere in un mondo tutto suo (ma è davvero un problema?), e che affronta tutto senza drammi (anche se a volte con molta fatica) e soprattutto con tanto amore, rispetto e ottimismo. Il fatto che sia un adolescente a raccontare le vicende rafforza la dimensione umoristica e fresca della narrazione, che prende le mosse sì da un’inaspettata eredità, ma che poi racconta ben altro. Del resto il titolo che l’autore tedesco Will Gmehling, nato a Brema nel 1957, ha dato al romanzo, non allude all’eredità, bensì al locale di vendita alimentari, giornali e angolo bar-ristoro, che i genitori di Alf decidono di rilevare e aprire, con l’aiuto dei loro tre ragazzi, e che diventerà il cuore pulsante della varia umanità del quartiere. Quel locale sarà la «Bottega di via Elser», Das Elser-Eck del titolo. Sottotitolo: Die Bukowskis machen weiter, infatti questo romanzo è la seconda, attesa, avventura della famiglia Bukowski; la prima, intitolata La straordinaria estate della famiglia Bukowski, aveva vinto il Deutscher Jugendliteraturpreis 2020. Tra l’altro Elser è Georg Elser, oppositore del nazismo, che nel ’39 ideò un attentato a Hitler e fu poi arrestato e fucilato a Dachau. Alf non lo sapeva, lo scopre grazie al nome della via, quindi anche la Storia con la esse maiuscola entra in questa storia, che pur conducendoci «solo» in piccole vicende quotidiane – il primo bacio, i giri in bici, la piscina, la palestra di pugilato in cui si allena Alf, le stoffe e il cucito amati dalla creativa e volitiva Katinka, la fissazione scientifica per la luna del piccolo Robbie – ci dice tanto delle emozioni profonde che tutti, ogni giorno, proviamo. Grandi interrogativi, gioie, malinconie. Intorno ai Bukowski, in questa cittadina della provincia tedesca, si muovono anche molti altri personaggi, ognuno alle prese con il fardello della propria esistenza, da portare certo con qualche sforzo ma anche, sempre, con un sorriso.
Maria Gianola, Torno a prenderti, Gribaudo (Da 18 mesi)
Forse la prima cosa che la scuola insegna, soprattutto quando «scuola» significa asilo nido, o scuola dell’infanzia, è il distacco. Distacco dalle figure affettive principali, dai propri punti di riferimento, ma anche, letteralmente, dalla mano della mamma, che bisogna imparare a lasciare, per andare alla scoperta di nuove cose, nella certezza, però, di ritrovarla più tardi. Su questo fondamentale aspetto rassicurante e fortificante si costruiscono alcuni primissimi albi per elaborare il distacco. A più tardi, di Jeanne Ashbé (Babalibri), resta un intramontabile classico del genere, perfetto ancor oggi, a trent’anni di distanza.
Nello stesso filone troviamo questo recente cartonato di Gribaudo, scritto e illustrato dall’autrice veneta Maria Gianola, che parte proprio dalle mani di bimbo e mamma, vicine, intrecciate, e poi separate, e infatti con le sue manine all’asilo il bimbo farà tante cose in autonomia. Ma non ci sono solo le mani, perché a ogni pagina la narrazione e le immagini portano a concentrarsi su una parte del corpo, giocando sulla separazione dalla simbiosi con la mamma, e sullo sviluppo della percezione di sé, pur mantenendo ben salda la relazione («Piede mio, piede tuo / I tuoi passi vicini, so che ci sei»; «Occhi miei, occhi tuoi / Cucù non ti vedo! So che ci sei»…). Così, anche quando la mamma non sarà fisicamente presente, il bimbo potrà dire «so che ci sei», aspettandola fiducioso alla fine della giornata, «perché so che il tuo abbraccio non mi ha lasciato solo nemmeno un secondo».