Reportage - Costruita su un’altura ripida, Mistra fu fondata in Grecia nel 1249 dal principe franco Guglielmo II di Villehardouin
Percorrendo la E961 in direzione sud lo sguardo si perde sulle cime della catena del Taigeto, che domina il paesaggio e offre un’alternativa bucolica al cemento, la cui quantità aumenta in misura proporzionale all’aumento della vicinanza a Sparta. Snobbata dai turisti, la città greca sembra perennemente congestionata dal traffico di automobili e motorini che si muovono pigramente nelle strade ortogonali. Circondati da edifici chiari, i sensi di marcia sono separati da aiuole decorate con palme e cespugli.
L’improvvisa ondata di calore sembra rendere il traffico ancora più aggressivo. I pochi forestieri a Sparta sono qui non tanto per visitare la città dominata dalla statua di Leonida I, quanto per una visita al sito archeologico di Mistra, costruito in cima a una collina a cinque chilometri dalla bianca polis.
Il bisogno di sicurezza era un fattore decisivo per la costruzione di una città fortificata, non solo in epoca bizantina; per questo motivo, i luoghi che beneficiavano di una protezione naturale erano preferiti. Un’altra necessità era la disponibilità di acqua dolce, oltre che di pietra e legname per la costruzione, così come la vicinanza di terre fertili e coltivabili.
Costruita su un’altura ripida che offriva una protezione naturale, la città fortificata di Mistra, fondata nel 1249 dal principe franco Guglielmo II di Villehardouin, soddisfaceva tutti i requisiti. L’acqua dolce era assicurata dalla presenza di sorgenti naturali e da piogge frequenti. Il vicino monte Taigeto forniva le materie prime per la costruzione, con varietà di pietre e legname, e anche le rovine della Sparta medievale erano una fonte di materiali da costruzione. La fertile valle del fiume Evrotas, sulla quale si affacciava il castello, forniva alla città prodotti agricoli e bestiame.
Una volta assicurata la presenza di acqua, bisognava poterla distribuire. Per trasportarla fino alla città e smistarla in ogni quartiere era necessaria la costruzione di un sistema di acquedotti e cisterne per lo stoccaggio dell’acqua piovana. Costruita su un punto alto della città di Mistra, la cisterna di Santa Sofia era una delle più grandi della città fortificata. Altre cisterne più piccole, di proprietà privata, furono costruite nel seminterrato delle case. I tubi sotterranei in terracotta tuttora visibili in alcune strade di Mistra facevano parte di una rete di approvvigionamento idrico la cui estensione rimane sconosciuta.
Le prime città dell’impero bizantino furono costruite su un terreno pianeggiante, di solito sul sito di quelle più antiche, mentre le città costruite dopo il VII secolo furono fortificate secondo i principi delle tecniche di fortificazione greco-romane. Situata sul punto più alto della città, l’acropoli era il centro delle fortificazioni, e le porte scavate nelle mura permettevano il movimento di persone e merci tra la città e l’area circostante.
La sicurezza richiedeva che vi fosse un numero ridotto di porte, di solito di grandezza limitata in modo da impedire il passaggio di molti soldati in caso di assedio. Le porte erano considerate uno dei punti più vulnerabili delle fortificazioni, ed erano dunque rinforzate da una (sopra) o due torri (ai fianchi), predisposte all’uso di macchinari come la catapulta o la ballista.
L’acropoli della città fortificata bizantina era l’ultima linea di difesa contro gli attacchi nemici. Qui si trovava il posto di comando della guardia, così come la residenza del capo delle forze armate e il quartier generale della guarnigione. Gruppi più piccoli di soldati erano dislocati anche in altri punti della città. Per l’intera durata del Despotato, le truppe erano composte principalmente da mercenari stranieri, per lo più turchi, latini o albanesi mentre, all’apice di Bisanzio, l’esercito era solitamente composto dalla popolazione dell’impero stesso.
Il sito archeologico di Mistra è stato incluso nella lista Unesco dei monumenti del patrimonio culturale mondiale dal 1989. Il piano urbanistico dell’insediamento e l’architettura del castello franco, il palazzo bizantino, le case e le chiese, con i loro importanti dipinti, ne fanno una fonte inestimabile per lo studio della cultura medievale di Bisanzio e dell’Europa in generale.
La disposizione dello spazio nelle città fortificate bizantine seguiva un piano di base a tre sezioni. L’acropoli in cima alla collina, insieme a due linee successive di difesa più in basso, dividevano il sito in città superiore e inferiore. Ogni spazio disponibile nella città murata era occupato da case, dando un’impressione generale di casualità. Per la maggior parte, le grandi città della tarda antichità tra il IV e il VI secolo si attenevano al sistema romano di due strade principali che portavano da una porta all’altra, incrociandosi nel centro della città, con tutte le altre strade in parallelo a esse.
Nelle città fortificate bizantine la conformazione del terreno rendeva impossibile aderire strettamente a questo piano geometrico di strade. L’arteria principale della città era detta «strada reale», «dispotica» o «di mezzo». Intorno a essa si sviluppò una rete di strade secondarie e vicoli di larghezza irregolare e spesso disordinati, labirintici o senza uscita. A differenza delle strade carrabili paleocristiane, le strade delle città fortificate, ancora oggi note come καλντερίμια (strade acciottolate), rendevano difficoltoso il passaggio dei veicoli a ruote.
I regolamenti edilizi bizantini prevedevano la semplicità di movimento all’interno della città fortificata. Una delle clausole era che al piano terra di tutti gli edifici vi fosse una zona adibita alla libera circolazione del pubblico. Gli accessi di questo tipo erano chiamati διαβατικά (passaggi), δρομικές (vicoli) o δημόσιες καμάρες (portici pubblici). Per facilitare il movimento delle persone lungo le strade strette, tortuose e acciottolate, era pratica comune tagliare gli spigoli delle sezioni inferiori degli edifici: un arguto stratagemma che rendeva la strada più larga.