Adrenalina - Intervista a Murat Pelit, atleta paralimpico fondatore di Ti-Rex Sport, associazione che stimola le persone con disabilità motoria alla pratica di sport impensabili
L’adrenalina scorre a fiotti nelle vene. Né più né meno di quanta potrebbe scorrerne nelle vene dei vari Marco Odermatt o Beat Feuz lanciandosi a capofitto dalla mitica pista austriaca Streif di Kitzbühel con due sci ai piedi.
Anche il monosci sa regalare le stesse emozioni e le medesime sensazioni che provano i protagonisti del Circo Bianco quando si presentano al cancelletto di partenza di una gara. E pure le velocità che si possono raggiungere, con picchi di 130 chilometri orari, sono molto simili. «Al punto che in certe discese i tempi rilevati con il monosci sono paragonabili a quelli delle velociste di Coppa del mondo», premette Murat Pelit, atleta paralimpico che da diversi anni rappresenta il Ticino e la Svizzera in Coppa del mondo e pure alle principali manifestazioni internazionali.
«Ovviamente le alte velocità non sono per tutti, ma quando sai padroneggiare l’attrezzo, puoi veramente provare lo stesso brivido dei discesisti “normali”. Il vento gelido che ti sbatte in faccia quando ti butti in un canalone ti fa gelare il sangue nelle vene… In gara, nel circuito di Coppa del mondo, ho già raggiunto i 130-135 km/h».
Le barriere, quelle fisiche, sono quelle che spesso ci poniamo noi. Soprattutto nel pensare. Perché con un po’ d’ingegno e la classica «voglia di fare» all’atto pratico queste barriere possono essere aggirate, o perlomeno appiattite, fino a rappresentare un’alternativa, altrettanto valida, per gustarsi fino in fondo quanto la vita ha da offrire.
Lo sanno bene le persone con disabilità, che quotidianamente sono confrontate con tutta una serie di sfide, ma che al tempo stesso riescono a godere delle medesime sensazioni che una persona «normale» può provare. Ciò vale per la vita di tutti i giorni, ma anche, e soprattutto, quando si parla di sport. E Murat, in questo senso, è una sorta di esempio vivente. Dalla malattia, un raro condosarcoma diagnosticatogli a 21 anni che l’ha reso paraplegico, ha saputo risollevarsi, fino a raggiungere un apice sportivo per certi versi inaspettato e che in molti credevano a lui precluso.
«L’andicap non deve appunto rappresentare un ostacolo, ma lo spunto per trovare una soluzione alternativa», sottolinea l’oggi 39enne momò, che lungo questo percorso alternativo si è già tolto diverse importanti soddisfazioni a livello internazionale: «In carriera, di podi in Coppa del mondo ne ho già centrati parecchi. Nel 2018 ho partecipato alle Paralimpiadi di Pyeongchang, in Corea del Sud: già il fatto di essere stato selezionato è stato un bel successo!».
L’apice sportivo, in fatto di risultati, l’ha però toccato nella stagione 2019/20, con il secondo posto nella classifica finale di Coppa del mondo di superG, il terzo in discesa e il quinto nella generale, «piazzamenti che purtroppo non sono riuscito a difendere la passata stagione visto che cadendo col monosci ho riportato la parziale rottura del bacino, cosa che mi ha tenuto lontano dalle gare. L’incidente si è verificato in una gara di Coppa del mondo, in Russia, atterrando sul piano dopo un salto piuttosto lungo; un punto in cui del resto diversi altri atleti hanno avuto problemi».
Il monosci è dunque da considerare uno sport pericoloso? «Tanto quanto lo sci classico: all’origine di una caduta generalmente c’è sempre un errore di impostazione o qualcosa di simile. Chi pratica il monosci non deve mettere a preventivo più rischi, ma deve prestare sempre la massima attenzione e cura nei dettagli, specie quando viaggia ad alte velocità: etichettarlo come pericoloso non sarebbe veritiero, ma, come in tutti gli sport, quando si superano determinati limiti, ogni dettaglio viene amplificato».
Parallelamente alla sua attività agonistica, Murat (primo e finora unico ticinese ad aver calcato le piste di Coppa del Mondo e quelle delle Paralimpiadi nel monosci) nel dicembre 2018 ha fondato Ti-Rex Sport, associazione che, come recita il suo slogan, si premura di stimolare il maggior numero di persone con disabilità motoria alla pratica di sport impensabili. Complessivamente, in tre anni, tra sport estivi e sport invernali, dalla nostra associazione saranno passate duecento persone circa».
Tra la gamma delle attività proposte, al capitolo sport invernali, ci sono appunto monosci e dualsci (in collaborazione con la Scuola svizzera di sci di Lugano, che dispone di monitori appositamente formati). «Il primo, apparecchio a seduta ammortizzata, è generalmente impiegato da persone che riescono a sciare in modo autonomo. Le prime volte sulle piste ci si va accompagnati da un maestro a cui si è assicurati mediante una corda. Il dualsci è invece già un po’ più dedicato, e di norma è rivolto alle persone che a causa della loro disabilità non sono in grado di poter sciare in modo indipendente. La struttura, numero di sci a parte, è simile, con una seduta, ma in più c’è la barra di pilotaggio che viene utilizzata dall’accompagnatore per guidare la discesa. Quando ci si trova seduti sugli sci, anziché in piedi, c’è qualche timore in più, specie per i contraccolpi che si ricevono affrontando i dossi, soprattutto in gara. Qui non ci sono le ginocchia ad ammortizzare le irregolarità del terreno, ma si salta: in discesa, di balzi se ne fanno anche di molto lunghi, fino a 30-40 metri, che sono grossomodo le distanze raggiunte dalle sciatrici in Coppa del mondo. Ma, appunto, questo è un discorso che concerne solo chi questo sport lo pratica a un livello competitivo: in generale, i “rischi” sono contenuti, praticamente i medesimi che deve mettere in conto chi pratica lo sci alpino classico».
Dove si pratica il monosci alle nostre latitudini? «Non c’è differenziazione tra sci classico e monosci, per cui lo si può praticare su tutte le piste. In questi anni, anche con l’associazione, abbiamo però stabilito un’ottima collaborazione con i gestori degli impianti di Airolo, dove sono pronti e preparati in modo specifico per ricevere una persona disabile».
Nel contesto storico, il monosci ha fatto la sua prima apparizione oltre mezzo secolo fa. «Del resto, lo sci è stata una delle prime discipline inserite nel palinsesto delle Paralimpiadi invernali. Poi, chiaramente, col tempo l’evoluzione del monosci ha fatto passi da gigante, diventando ancora più performante».