Una lucciola dalla Corea del Nord

by Claudia

Bandi offre uno scorcio della quotidianità in Corea del Nord

In questi giorni il mondo se ne sta con il fiato sospeso di fronte alle tensioni stellari tra la superpotenza statunitense e un Paese misterioso e minaccioso come la Corea del Nord. Ma se con gli USA siamo praticamente in un modo o nell’altro connessi giorno e notte, della Corea del Nord sappiamo poco o nulla. Le rare fotografie che ci giungono sono inquietanti per molti aspetti, e ogni altra forma d’arte è bandita dallo Stato. A raccontare la Corea del Nord ci provano gli altri, quelli che stanno «fuori», come ad esempio lo statunitense Adam Johnson ne Il signore degli orfani (Marsilio, 2012, Premio Pulitzer) o il sud coreano Park Chan-wook, che in Joint Security Area (2000) illustra la dolorosa quotidianità sulla linea di confine tra i due Stati.
Ora però attraverso la frontiera del paese più blindato del mondo, qualcuno ha avuto il coraggio di contrabbandare un manoscritto di sette racconti scritti a matita, raccolti sotto il titolo di L’accusa (Rizzoli). Autore un certo Bandi, pseudonimo che in coreano significa «lucciola». Un piccolo faro come a suo tempo Arcipelago Gulag di Solzenicyn, cui Bandi è stato subito paragonato.
Sull’autenticità della storia che sta dietro il libro, tradotto immediatamente in 15 paesi, hanno dibattuto in molti; un’analisi della lingua originale in cui è stato scritto Denuncia, dimostrerebbe però a scanso di ogni equivoco come alcuni dei vocaboli utilizzati siano in uso unicamente nella Corea del Nord.
I sette racconti di Bandi si leggono d’un fiato per l’agilità con cui sono stati scritti, ma anche con un costante senso di amarezza e di soffocamento. Dalle piccole storie di gente comune raccontate con empatia, esce una quotidianità fatta di rinunce a denti stretti, di restrizioni, divieti, e del collante numero uno di ogni dittatura: la paura. D’altronde, come restare tranquilli in uno Stato che deporta un’intera famiglia solamente perché la madre si ostina a tenere le tende chiuse affinché il figlioletto, sensibile e di salute cagionevole, non abbia a vedere la spaventosa gigantografia del caro leader? O come riporre fiducia nel futuro se un povero cristo qualsiasi, desideroso di vedere per l’ultima volta la madre moribonda, si vede a più riprese negato il permesso di viaggiare? O come mettere in dubbio la potenza di una nazione che in meno di un’ora riesce a radunare oltre un milione di persone su una piazza?
La tacita violenza che permea i racconti di Bandi sottintende in qualche modo a quella delle brutalità che si attribuiscono ai temuti campi di lavoro. Bandi ha la grazia e il talento di fermarsi sempre un attimo prima, ma fa male comunque, perché i suoi personaggi sono inermi e non hanno modo alcuno di sottrarsi al destino di essere nati da quella parte del confine.

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