San Giulio, oasi di silenzio

by Claudia

Arcipelago prealpino 2 - Preghiera e artigianato all’abbazia benedettina di clausura sul lago d’Orta

Fra le isolette dell’arcipelago prealpino, San Giulio sul lago d’Orta è quella votata a una tradizione spirituale perpetuata con alterne fortune, secolo dopo secolo: dall’approdo del futuro santo nel 391 d. C. alla fondazione dell’abbazia «Mater Ecclesiae» nel 1973, quando sei monache benedettine lasciarono il monastero di Viboldone, nella Bassa Milanese, per dar vita a un nuovo nucleo di clausura.
Oggi sono settanta. Un record, forse un miracolo, in quest’era di crollo delle vocazioni.
Vivono imperturbabili le loro giornate regolate da un perfetto equilibrio fra preghiera e lavoro manuale, circondate dal traffico dei turisti traghettati dai battelli e dai motoscafi in partenza da Orta, sulla sponda orientale del lago o da Pella, su quello occidentale.
Gran parte dei visitatori, soprattutto stranieri, si trattengono quel poco che basta per compiere il brevissimo periplo dell’isola sul sentiero del silenzio, che delimita il cuore della proprietà ecclesiastica da quella dei pochi privati che si sono aggiudicati alcune delle case affacciate sul lago. Toccata e fuga, con una visita alla bellissima basilica di San Giulio, un’occhiata all’unica bottega di souvenir e antiquariato e al massimo una fermata gastronomica al ristorante dell’isola (quando è aperto).
Alcuni sbirciano oltre il cancello dell’abbazia, pochi osano suonare il campanello della portineria. Chi si spinge oltre la soglia dell’imponente monastero avverte subito lo spirito dell’indimenticata madre badessa Anna Maria Cànopi (fondatrice e instancabile animatrice della comunità fino alla scomparsa avvenuta il 21 marzo 2019, proprio nel giorno di San Benedetto), che si manifesta nella moltitudine di sue pubblicazioni esposte nell’atrio d’ingresso.
La paziente e cordiale suor Maria Donata accoglie curiosi visitatori occasionali e frequentatori abituali. Indirizza ai loro alloggi gli ospiti che giungono al monastero per un periodo di ritiro spirituale, dispensa informazioni sulle regole della clausura e le opportunità di condivisione di preghiera, mette in contatto i committenti di restauri tessili, paramenti e icone con i rispettivi laboratori gestiti dalle sorelle specializzate in un artigianato artistico di nicchia, riservato al mondo ecclesiastico, ma non solo.
Fiore all’occhiello delle monache della clausura di San Giulio è il laboratorio di restauro di tessili antichi, avviato nel 1984 dall’abbadessa Cànopi, che aveva invitato sul lago d’Orta un’equipe di specialisti del prestigioso Opificio delle Pietre Dure di Firenze a istruire un primo gruppo di monache. Di generazione in generazione, il sapere nell’arte del restauro conservativo è andato affinandosi al punto da fare del laboratorio monastico un vero e proprio centro di competenza, apprezzato e frequentato per interventi su tessili antichi di parrocchie, basiliche e cattedrali, ma anche di musei, comuni e privati.
Dal discreto viavai di consegne, ritiri e semplici richieste d’informazioni che si incrociano nella portineria, di tanto in tanto si stacca qualche gruppetto cui suor Maria Donata apre il cancello della scalinata che porta all’interno dell’abbazia per raggiungere la cappella, dove le monache si riuniscono al suono della campanella per la liturgia delle ore.
I visitatori, al di qua della grata che li divide dalla clausura, possono unirsi a una delle preghiere cantate in coro delle monache, ma solo quelle delle ore centrali della giornata (la Sesta, la Nona e i Vespri), perché battelli e motoscafi non approdano all’isola prima delle 9 del mattino e dopo le 6 la sera.
Chi vuole condividere interamente la liturgia delle ore, che scandisce la giornata del monastero, è invitato a pernottare nella foresteria del monastero, per poter frequentare l’intero Ufficio, che si apre prima dell’alba con il Mattutino e si conclude appena dopo cena con la Compieta.
Dopo i lunghi mesi di chiusura dovuti alla pandemia, la lunghezza della lista d’attesa per gli ospiti dell’Abbazia Mater Ecclesiae non ha nulla da invidiare a quella dello chef pluristellato Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi, sulla collina di Orta, a poche centinaia di metri in linea d’aria dall’isola.
A chi si annuncia alla sua prima esperienza è richiesta una buona dose di pazienza, nell’attesa dell’attribuzione di un paio di notti, non di più. La precedenza è data ai frequentatori abituali (spesso parenti delle suore) e al centinaio di oblati, i laici che scelgono di vivere anche nel mondo «esterno» la spiritualità benedettina.
La paziente attesa viene però ampiamente ripagata da un’esperienza di vita tanto semplice quanto straordinaria, arricchita da un bene raro: il silenzio.
Bandite radioline e telefoni cellulari, lo spazio e il tempo prendono contorni inediti in una quotidianità circoscritta in pochi passi e cullata dalle melodie strumentali e vocali delle monache, che intercedono con il canto delle loro preghiere per la salvezza del mondo intero, con un’attenzione particolare alle vicende che segnano l’attualità «mondana», come la guerra in Ucraina o la siccità nella Pianura Padana.
In silenzio si condividono i pasti in refettorio con gli altri ospiti, ascoltando le letture trasmesse dall’altro refettorio, quello della clausura.
Il momento del dialogo è quello che segue il pranzo, quando la Madre Abbadessa Maria Grazia Girolimetto (che ha assunto la guida della comunità dopo Madre Cànopi) s’intrattiene con gli ospiti nel salone.
Sul sentiero del silenzio, la sera, dopo la Compieta, si può raggiungere il piccolo imbarcadero deserto e ascoltare le onde del lago che prendono i colori del tramonto.
Per puro caso può capitare che qualche tuffo animi improvvisamente la riva: sono due ragazzini che rientrano subito nel portone di una grande casa antica, con un rigoglioso giardino affacciato sul lago. È villa Tallone, nota ai musicofili per la sua piccola sala concerti, con il pianoforte a coda costruito dal proprietario Cesare Augusto Tallone (1895-1982), artigiano e accordatore apprezzato da Toscanini e Benedetti Michelangeli. È l’ultima vacanza sull’isola dei giovani Tallone nella villa, venduta a una famiglia francese. Si annuncia un impegnativo restauro degli stabili, in gran parte rimasti fermi al XVII secolo. Forse i nuovi proprietari ci verranno ad abitare, come la scrittrice inglese che è l’unica isolana residente fissa, oltre alle monache. Forse ne faranno un’oasi di vacanza sull’esclusiva isola del silenzio.

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