Un secondo di caduta libera e brivido puro

by Claudia

Adrenalina - Quelle che sanno regalarti i tuffi sono emozioni davvero uniche, genuine

«Quando sei nell’aria c’è tensione, concentrazione e un po’ di paura: di margine d’errore non ce n’è molto, e ogni movimento del corpo dev’essere controllato, che il tempo per poterlo fare è minimo» racconta Fabrizio Sirica, fondatore e presidente del Gruppo Tuffatori Amatoriali. «Per brevi che siano, quei momenti, quando sei in aria si dilatano all’infinito: un interminabile conto alla rovescia. Poi, quando arrivi in fondo, quando entri in acqua, come per incanto, quella tensione accumulata dal momento in cui ti sei lanciato dalla piattaforma lascia il posto alle endorfine; e se in aria l’esecuzione è andata per il verso giusto, quella che provi è una sensazione stupenda, difficile da riassumere a parole».
Non di rado molti provano tuttavia paura quando si ritrovano sulla piattaforma a picco sullo specchio d’acqua sottostante, magari a dieci metri d’altezza. «Paura c’è sempre, ed è giusto che sia così. Ma è quel genere di paura che definirei “sana”, e che fa rima con rispetto per ciò che si sta facendo. Non provarne sarebbe come sottovalutare il tuffo, col rischio di non affrontarlo con la giusta concentrazione, cosa che accrescerebbe il rischio di incidenti».
Già, i pericoli… Perché, al di là di tutto, un certo rischio c’è quando ci si lancia da un trampolino o da una piattaforma: «Padronanza dei movimenti, concentrazione e una certa serietà non devono mai mancare, oltre al rispetto per ciò che ci si appresta a fare. Movimenti come la capriola all’indietro, il classico salto mortale, presentano effettivamente un certo tasso di rischio, ragion per cui occorre un’opportuna compostezza nei movimenti, e non perdonano molto in caso di errore. Se la rotazione viene eseguita girando la testa anziché con tutto il corpo, il pericolo di sbattere contro qualche ostacolo con un braccio o, peggio, con la testa, c’è. Delicata, poi, è pure l’entrata in acqua: effettuarla di pancia o di schiena, anche se da un paio di metri, può fare parecchio male. Ecco perché per poter acquisire una buona familiarità con i tuffi è importante seguire un corso specifico».
Un passato di nuotatore, e soprattutto di insegnante di nuoto, alle spalle, Sirica decide allora di trovare un modo per impegnarsi attivamente nel trasmettere ai neofiti la sua passione per i tuffi, «fino a quel momento condivisa praticamente solo con un gruppo di amici con cui mi trovavo di solito a bordo vasca al Lido di Locarno o a Tenero». Così, dopo aver ottenuto lo specifico brevetto G+S (primo e attualmente unico ticinese ad averlo conseguito) – «a Macolin, visto che a quei tempi (e tutt’oggi), in Ticino non c’è la possibilità di conseguirlo» – ecco i primi corsi dedicati ai giovani. «Anno dopo anno, a crescere, oltre al numero di praticanti, sono state anche qualità e tecnica dell’attività che proponiamo, grazie anche all’apporto degli insegnamenti di Julian Mucha, istruttore di tuffi cresciuto in Ticino e attivo anche all’estero (ora a Dresda, dopo essere passato da Monaco e Roma)».
Per ora le attività della società si limitano al Sopraceneri, con corsi a Tenero e Bellinzona e allenamenti a Locarno. «E devo dire che sono sempre molto ben frequentati. A dirla tutta, abbiamo richieste che ci arrivano regolarmente da tutto il Ticino, ma ora come ora, complici le nostre limitate risorse, le nostre attività si concentrano nel Sopraceneri. L’obiettivo a medio termine sarebbe però appunto quello di varcare anche il Ceneri in direzione sud un domani».
Sebbene in questa disciplina non ci sia una sorta di «eroe nazionale» da prendere a modello, l’interesse per i tuffi, par di capire, c’è dunque anche alle nostre latitudini… «Eccome se c’è, soprattutto fra i bambini e fra i ragazzi (non mancano nemmeno le ragazze), soprattutto adolescenti, sia per quel che concerne i corsi, sia per gli allenamenti, che sono strutturati su tutta l’estate».
Tanta pratica ma niente competizione… «Per ora sì. Volenti o nolenti, visto che per poter ambire alle competizioni necessiteremmo di una struttura accessibile tutto l’anno e non unicamente nella bella stagione. Il discorso gare lo riprenderemo però sicuramente in mano tra qualche anno, ossia una volta che verrà colmata questa lacuna strutturale con la realizzazione del nuovo centro federale acquatico a Tenero, prevista nel 2026, che conterà anche una piscina per tuffi interna. A quel punto sì, alle competizioni ci faremo anche più di un pensiero. Anche perché con Julian stiamo già lavorando in questa direzione con il gruppo Pro, che comprende i ragazzi più portati per questa disciplina».
Tuffatori provetti, ad ogni modo, non si nasce. E come lo si diventa? Come si impara a tuffarsi bene? Fabrizio Sirica ha le idee ben chiare: «Ci si arriva per gradi, seguendo passo dopo passo una formazione specifica. E a ogni tappa superata, il giovane riceve un attestato sotto forma di stemmino. Si comincia con la tenuta del corpo, curando i movimenti tecnici, per proseguire con la cura dell’entrata in acqua, tanto in piedi, quanto, soprattutto, a testa (visto che in campo agonistico l’entrata avviene sempre con la testa), e da ultimo si passa alle varie rotazioni del corpo: dal terzo stemmino in avanti si apprendono le capriole in avanti e indietro. E solo una volta acquisita la giusta padronanza di ognuna di queste tecniche si passa alla tappa successiva».
Niente rocce a picco su qualche fiume, quindi. «No, anche per una questione di responsabilità. Per potersi tuffare in sicurezza dev’essere soddisfatta tutta una serie di condizioni, cosa che molto spesso sui corsi d’acqua non è facile da appurare. Penso alla profondità dell’acqua, ma anche alla distanza ai potenziali ostacoli, e a diversi altri fattori. Per questo sconsigliamo ai nostri atleti di tuffarsi nei fiumi».