Incomparabile Lebowitz

by Claudia

L’iconica autrice, umorista e opinionista newyorchese Fran Lebowitz al centro di «Pretend It’s a City», magnifica docu-serie diretta e voluta nientemeno che da Martin Scorsese

«Pensa prima di parlare. Leggi prima di pensare». L’aforisma che in due fulminanti frasi riassume il brillante pensiero di Fran Lebowitz si trova ormai un po’ ovunque, anche laddove la stessa Lebowitz non vorrebbe vederlo riprodotto, come sulle calamite del frigorifero o sulle tazze da caffé. Pretend it’s a City, la serie documentaria di sette brevi puntate diretta da Martin Scorsese e dedicata a colei che negli Stati Uniti (soprattutto a New York) è considerata una delle figure intellettuali per eccellenza, è una gradevolissima sorpresa per tutti noi che stiamo da questa parte dell’Atlantico, e forse abbiamo perso la verve e il piglio di chi, intellettualmente, ha fatto del sarcasmo la propria cifra esistenziale.
Partendo dalla frase «I have no power. But I’m filled with opinions» (Non ho potere, ma sono piena di opinioni, NdT), Fran Lebowitz ci regala tutta una serie di considerazioni su New York, chiedendo alle sue concittadine e ai suoi concittadini di almeno fingere che la grande mela sia una città (da qui il Pretend It’s a City del titolo) e comportarsi di conseguenza. In altre parole: prestare attenzione a chi attraversa la strada (a quando Lebowitz attraversa la strada), permettere che la gente fumi in un luogo chiuso senza dovere uscire all’aperto ogni mezz’ora («Cosa si sarebbe perso Picasso, se per ogni sigaretta fosse dovuto uscire dal ristorante?»), investire nella manutenzione della scalcagnata Subway (invece di tappezzarla con inutili opere d’arte come i pur deliziosi Weimaraner immortalati da William Wegman) e smetterla di girare per strada con il tappetino da yoga arrotolato sotto il braccio («L’ultima volta che sono andata in giro con un tappetino sottobraccio era all’asilo quando facevamo il pisolino»).
Fran Lebowitz, ex ragazza del New Jersey che a poco più di vent’anni già scriveva per Andy Warhol, fra gli amici di una vita può annoverare Toni Morrison (mancata nel 2019) e Martin Scorsese («Marty»), che questa serie l’ha molto voluta, e nel realizzarla si è palesemente divertito: lo dimostra l’incontenibile risata che segue una delle prime battute, quando il regista le chiede, «Come descriveresti il tuo lifestyle?», e lei ribatte, «Beh, ti assicuro che non userei mai la parola lifestyle».
Come ribadisce senza vergogna né apparente angoscia nei numerosi talk che frequenta per sbarcare il lunario (intervistata ad esempio da Spike Lee, Alec Baldwin o Olivia Wilde), Lebowitz soffre da tempo quasi immemore del blocco dello scrittore, e poiché odia i soldi, ma ama le cose, negli anni ha accettato numerosi ruoli secondari, come quello della giudice in The Wolf of Wall Street con Leonardo DiCaprio (cui rubò la sigaretta elettrica che poi fumò di nascosto nella toilette di un aereo in barba ai divieti) o quello di Janice Goldberg in Law and Order. Ma nella sua densa vita i lavori di ripiego lontani dal mondo della letteratura e del giornalismo non sono una novità, se pensiamo che al suo arrivo a New York ha fatto anche la tassista e la donna delle pulizie («Ma mai la cameriera, perché per farlo eri obbligata ad andare a letto con il capo»).
A settant’anni, oltre che la regina indiscussa di un sarcasmo elegante e quasi magnetico, Fran Lebowitz è assurta anche a icona fashion, incarnando l’inconfondibile stile di New York grazie alle giacche da uomo Anderson&Sheppard, gli stivali da cowboy e gli occhiali tartarugati. Considerazioni, queste, che senza dubbio provocherebbero una sua reazione al vetriolo, ma è proprio questo il pregio di Lebowitz e della serie a lei dedicata.

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