Una grande mostra archeologica al Museo nazionale di Zurigo con statue-stele dalla Svizzera e dall’Europa
Ab ovo usque ad mala recita un proverbio latino, «dall’uovo alle mele» o in altre parole: dall’inizio alla fine, visto che i romani cominciavano il pranzo con uova e finivano, come noi, con la frutta. Potrebbe essere questa l’insegna della mostra al secondo piano del nuovo edificio del Landesmseum di Zurigo, intitolata Uomini scolpiti nella pietra.
Sono circa 1300 le statue-stele scolpite e incise dall’uomo a partire dal IV-III millennio a.C. in tutta Europa, dal Caucaso alla Penisola iberica, allo studio da parte degli specialisti e non ancora molto conosciute dal grande pubblico. Alcune di queste fanno ora mostra di sé a Zurigo, in provenienza da Svizzera orientale, Italia, Francia e Germania. A fare da premessa al percorso, in cima allo scalone di accesso, appare in tutta la sua imponenza l’ovo di cui sopra: un menhir di 5000 anni fa del peso di una tonnellata e mezzo, con un contorno umano appena sbozzato: l’origine di tutto. Poi vengono le decine e decine di succose mala.
L’inizio del percorso ci fa fare un salto in avanti nel tempo di circa 2000 anni e presenta sia alcuni ritrovamenti del Petit Chasseur dovuti ad Alain Gallet negli anni ’60-’70, sia statue-stele scoperte gli anni scorsi a Sion.
In generale in queste lastre di marmo grigio sono evidenti la forma della testa arrotondata, le spalle e il collo decorato con collane o pendagli; sulla superficie sono incisi i contorni delle braccia e delle dita con la presenza di armi quali pugnali, arco e frecce, cinture e decorazioni geometriche a triangoli o losanghe per gli abiti, probabilmente colorati visto che sulla superficie sono stati rinvenuti pigmenti di ocra e cinabro; raramente si vedono anche le gambe, come se il personaggio fosse seduto in trono, oppure si indovinano tatuaggi, scarificazioni e acconciature.
«Gli scavi recenti di emergenza e gli oggetti recuperati – spiega Luca Tori, curatore della mostra – ci fanno comprendere meglio il contesto originario nel quale venivano utilizzate le stele. Gli scavi precedenti avevano restituito stele in giacitura secondaria, spezzate intenzionalmente e poi riutilizzate come materiale da costruzione per successivi monumenti funerari. Ora sappiamo invece che queste erano infisse nel terreno in allineamento, poiché si sono ritrovate le loro basi ancora in situ: erano erette non singolarmente ma in fila all’interno di un’area funeraria, un santuario per il culto degli antenati, come dimostrato anche nel sito di Saint Martin de Corléans vicino ad Aosta, che dista dal Vallese poche decine di chilometri in linea d’aria».
Il viaggio archeologico continua attraverso l’Europa, visitando siti e reperti nella citata Valle d’Aosta, nel Trentino (località di Arco), in Lunigiana e Sardegna, ogni regione con caratteristiche comuni ma anche con particolarità locali. Si passa infine alla Francia e alla Germania.
«È difficile distinguere il sesso di queste rappresentazioni, spiega ancora Luca Tori. Finora grazie alla presenza dei seni si è stabilito che circa il 7% sono figure femminili, mentre per quelle maschili si arriva al 25% grazie alle armi. Come si capisce, il sesso non doveva essere determinante quanto lo status della persona. Si tratta della rappresentazione di un personaggio particolare oppure di un buon sovrano o buona sovrana idealizzati».
Il terzo modulo della mostra presenta statue-stele messe a confronto con reperti archeologici evocati sui monumenti, passando dal bidimensionale al tridimensionale: armi (un bastone d’ascia o forse un pastorale del 4000-3500), utensili, gioielli e perfino tessuti (un frammento di mantello in raffia di tiglio dal Canton Zurigo) che illustrano chiaramente il rapporto tra figure scolpite e status sociale dei soggetti, così come ci parlano dei progressi della società e delle innovazioni:
«Sulla parte inferiore di una stele del Tirolo – racconta Luca Tori – è rappresentato ad esempio un carro a quattro ruote tirato dai buoi. Vuol dire che nel IV millennio la gente era sedentarizzata e gli animali addomesticati. L’uomo conosceva la ceramica, usava la ruota – in vetrina ne abbiamo una datata 3200 a. C. – praticava l’agricoltura e la tessitura».
Le stele sono documenti per leggere il cammino dell’uomo e i cambiamenti introdotti nella società, come, nell’ultima sezione della mostra, ci raccontano quelle in parte anche rimaneggiate, che al posto della testa portano ad esempio un Sole. Anche altri corpi celesti sono rappresentati sulle figure, e sono ben evidenziati da ingrandimenti fotografici proiettati a parete, accostati a reperti archeologici tra i quali spicca, tra ceramiche e monili da sepolture, un pezzo del famoso tesoro in oro di Altstetten risalente all’Età del Bronzo. È nata una nuova religione, insegna Stonehenge, nuove credenze nelle quali si riflette il volto della società agricola neolitica, legata ai cicli della natura, e dove paradossalmente l’uomo non è più al centro dell’universo. «Si passa insomma dal culto della personalità al culto della divinità», conclude Luca Tori.